Arsenal PSG: le tre cose che non hai notato del match di Champions League | OneFootball

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·29. April 2025

Arsenal PSG: le tre cose che non hai notato del match di Champions League

Artikelbild:Arsenal PSG: le tre cose che non hai notato del match di Champions League

Ecco le tre curiosità sulla sfida delle ore 21:00, Arsenal PSG: match valido per l’andata della semifinale di Champions League

Il Psg vince 1-0 a Londra, il suo spicchio di tifo non ha mai smesso di cantare per un solo secondo, Luis Enrique si conferma un allenatore che sa cosa significhi preparare e giocare questo genere di partite. Ecco tre sentmenti particolari della sfida di stasera, in attesa che tra 8 giorni si abbia la rivincita.

  1. Paura. Chiaro, incassare un gol dopo appena 4 minuti in una gara così importante e davanti al proprio pubblico non è esattamente il massimo per accendere il coraggio. Senza contare che l’Arsenal sapeva benissimo di possedere meno risorse dalla panchina per correggere la situazione, dato il lungo elenco di infortunati (come si vede nel finale, con Calafiori che sembra più un modello che un calciatore mentre aspetta che la gara finisca per consolare i compagni in maglia e pantaloncini). Resta il fatto che la paura si materializza in un sistematico arretrare della linea difensiva. Lo si nota quando Doué – stasera difficile da contenere – arriva al limite, si mette a fare un po’ di doppipassi da incantatore di serpenti, per poi produrre un tiro debole. Ma la funzione di questo modo di agire è far arrivare di gran carriera i compagni assaltatori. Alcuni dei quali, a tutta velocità, effettivamente spaventano. Essere riusciti a contenerli, in alcune folate, non è stato un lavoro e un merito da poco.
  2. Tempestività. Nel secondo tempo Hakimi si presenta in area come la punta più avanzata, lui che sulla carta d’identità alla voce ruolo non ha esattamente scritto «attaccante». Sta per calciare, l’invito di Dembélé è preciso, lento il giusto per permettergli di pensare a come slanciare conseguentemente la gamba destra, quando Saliba si produce in uno di quegli anticipi che sono un piacere per gli occhi per tutti i registi che vanno a cacca di replay.
  3. Vaghezza. A 20 minuti dal termine, il match-winner si siede per terra. Dembélé non ce la fa più, si notano anche un po’ di fasciature sui suoi muscoli, che peraltro hanno reagito benissimo a ogni sollecitazione. Quando poi vede che Barcola sta per entrare, manifesta una di quelle espressioni tipiche di chi fa il vago, manco fosse lui il destinatario del cambio. Non è perdita di tempo, non c’è malizia, semmai persino un sospetto di pentimento: l’energia per stare in campo e, magari, approfittare di qualche spazio invitante, si sarebbe trovata ancora.
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