Juventus FC
·14. März 2025
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La partita di domenica 9 marzo all’Allianz Stadium è stata l’occasione di un grande momento di cucina e pasticceria in Legends Club. Insieme al team resident di “DaVittorio”, guidato come sempre dagli Chef Chicco e Bobo Cerea, c’era infatti Corrado Assenza, maestro della pasticceria siciliana e anima e cuore del celebre Caffè Sicilia di Noto.
Abbiamo avuto il grande piacere di chiacchierare con lui, prima della partita.
«Si tratta della prima volta che entro in un grande stadio, ed è anche la prima volta che lavoro a un servizio del genere. Un bell’esordio. L’Allianz Stadium è la casa di un grande club, che ha scelto l’eccellenza per i suoi servizi ristorativi. E questa per me è stata una garanzia, nel momento in cui ho ricevuto la telefonata per organizzare la giornata di oggi: lavorare con Chicco e Bobo Cerea, che sono due amici, è un piacere, e se mi chiamano loro, non ho bisogno di preavviso: sappiamo che abbiamo qualcosa di bello da poter fare insieme, col piacere di poterlo realizzare, quindi diventa tutto possibile e si supera qualsiasi eventuale ostacolo tecnico».
Ascoltare Chef Assenza che descrive i piatti è poesia, quindi lasciamo parlare lui.
«La proposta per la serata articola su un antipasto, un dolce e poi la piccola pasticceria. Come antipasto, una zuppa di ceci al mare, ispirata dal piacere di andare a scovare dolcezze e gusti nella natura, tra la terra e il mare, appunto. Un piatto con l'intervento forte di un estratto vegetale naturale, la fotografia di questo momento dell’anno nella campagna siciliana: finocchietto selvatico, rosmarino, che è già in fiore, timo, che sta per “gettare”. E poi le cozze, appena aperte, e un brodo di pesce, per avere un altro “punto di vista” del mare»
Dolce? «Il Candido giardino d’inverno, un piatto che propongo con piacere da qualche anno, perché è una ricetta ispirata a mia mamma, che era la cuoca si casa. Si tratta di una frittata rotolata, che poi assume la forma di un pesce, detto pesce dei poveri. Uova, ricotta di pecora, perché a Noto non siamo allevatori ma siamo “pecorari”, transumanti fra l'altro. E l'ho tramutato in dolce per avere una struttura a base uovo che “scimmiotta” un pan di spagna, con una consistenza soffice e morbida. Insieme, un latte di mandorla di Noto, con una consistenza cremosa.
Ma che cos'è un giardino d'inverno in Sicilia? Un agrumeto: e allora ecco le note amaricanti degli agrumi, arancia amara, pompelmo rosa e bergamotto, per concludere con crema fiordilatte al cioccolato colombiano, decorata con tre fili sottilissimi di candito di arancia dolce. Il tutto servito con due cubetti di mela cotta a bassa temperatura e poi sciroppata, per mantenere il gusto e la consistenza del tutto, come se fosse fresca».
E poi la piccola pasticceria. «Intanto, il Torrone, perché è il dolce che ha fatto una l'Italia, in cui in ogni luogo si fa un torrone diversa. Poi nocciola,
arricchita di profumi siciliani che sono ancora una volta rosmarino e timo».
«Letteralmente, salendo e scendendo le scale del laboratorio di Caffè Sicilia, quando avevo tre anni: un posto che diventò la mia stanza dei giochi, e i miei amici erano i pasticceri. Il gioco negli anni è stato quello di prendermi delle piccole incombenze, e il tutto è stato un crescendo. Iniziai a essere un professionista 40 anni fa, venticinquenne: allora scelsi di fare questo mestiere per tutta la vita. E adesso c’è mio figlio, Francesco, che ha iniziato proprio come me, da bambino di bottega».
«Più ancora della tradizione, quello che conta è la cultura. Da sola, la tradizione non ti dà la possibilità di essere contemporaneo, ti vincola a un passato che non ti appartiene. La cultura invece ti dà la possibilità di smontare quello che ti è stato consegnato, come fossero mattoncini, e di ricomporre: è liberatoria, e questo è il motivo se un’azienda famigliare sopravvive per oltre 130 anni, come accade a noi, da una generazione all’altra (e adesso siamo alla quinta). In un tempo così lungo, il gusto cambia. Come abbiamo “smontato” noi la tradizione? Per esempio, eliminando grandi quantità di zuccheri, che finivano per coprire la bellezza dei gusti, riscoprendo gli ingredienti, provandone di nuovi e mai esplorati: ad esempio, abbiamo coniugato ostriche e grani di mandorla, peperoni e crema pasticcera.
Non dobbiamo pensare a limiti e barriere, anche fra dolce e salato: tutti gli ingredienti hanno sale e zuccheri, è un fatto culturale quello di aver scisso e diviso prima il salato e alla fine il dolce, e se cambiassimo epoca o luogo geografico, troveremmo letture completamente diverse»