Khephrem Thuram: «Razzismo? Bisogna alzare il livello della vergogna; con Marcus è fiero di me e io felice per lui, e sugli schiaffi di Tudor…» | OneFootball

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·1. April 2025

Khephrem Thuram: «Razzismo? Bisogna alzare il livello della vergogna; con Marcus è fiero di me e io felice per lui, e sugli schiaffi di Tudor…»

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Le parole di Khephren Thuram, centrocampista della Juve, sul razzismo, il rapporto con il fratello Marcus e l’arrivo di Tudor in panchina

Khephren Thuram è stato ospite nella giornata di lunedì nella scuola francese di Torino, frequentato negli anni in cui il padre Lilian giocava per la Juve dal fratello, il nerazzurro Marcus. Di seguito le parole del centrocampista bianconero, a margine della visita, a La Stampa.

RAZZISMO E COME CONTRASTARLO«Da prima ancora di toccare il pallone? Non saprei, da quando sono uscito dalla pancia di mamma… Le prime frasi ascoltate saranno state su quello. È il motivo per cui sono così felice di essere qui tra i giovanissimi, a portare la mia voce per sensibilizzarli su questo soggetto. Ogni ragazzo deve sapere in che mondo vive per poterlo cambiare».


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LA DIFFERENZA DI CONSIDERAZIONE TRA ITALIA E FRANCIA«Sono rimasto in Italia fino ai 4 anni, non ricordo bene. In Francia il razzismo l’ho incrociato. Temo non ci sia un posto specifico dove incontrarlo, purtroppo è un atteggiamento che ci troviamo davanti. Ho avuto anch’io le mie brutte esperienze».

LE SUE ESPERIENZE CON IL RAZZISMO«Posso pescare a caso nella memoria. Avevo, mi pare, 13 anni: mio padre mi ha lasciato davanti casa, ero senza chiavi, aspettavo mia madre lì sotto e facevo su e giù davanti al portone. Una donna è rimasta a fissarmi e, vedendo che non me ne andavo, mi ha gridato: “Torna da dove vieni”. E io sul serio non ho capito. Ci ho proprio pensato. “Dove devo tornare? In Italia? Come lo sa?”. Poi quella sensazione, la fitta, quando vedi il razzismo per quello che è: assurdo. Mio padre mi aveva spiegato come mi sarei sentito ed è andata proprio così. Non dovrebbe succedere, capiterà ancora. Papà mi ha aiutato ad affrontare il problema, magari oggi io ho dato una mano a qualcun altro».

ESISTE ANCORA IL PENSIERO BIANCO«Stori leggendo quel libro giusto in questi giorni. Certo che il pensiero bianco esista ancora, pure certi afrodiscendenti lo seguono, lo hanno adottato, magari assorbito, ed è ancora più triste perché è un retaggio colonialista che buca il tempo. La nostra società è intrisa dal pensiero bianco, la prospettiva della superiorità a prescindere, che è un pregiudizio durissimo a morire».

QUANTI ANNI DEVONO PASSARE PRIMA CHE IL PENSIERO BIANCO MUOIA«Non lo so, ma non siamo tanto distanti da quando una persona come me non poteva usare gli stessi bagni di una come lei o sedersi in un bus. Abbiamo altre leggi, evolviamo e questo conta. Il fatto che il liceo francese organizzi giornate così è la prova di una comunità che si ribella alla discriminazione».

LO SPORT E IL RAZZISMO«Bisogna opporsi, denunciare. Tacere per tentare di togliere importanza a chi si comporta così è inutile. Qualsiasi episodio va portato alla luce, solo così si stabilisce una soglia di vergogna collettiva, si stimola il rifiuto. Sono bestialità inaccettabili».

IL CALCIO FA ABBASTANZA?«C’è la volontà. Alla Juve si parla spesso di come è meglio combattere il razzismo, bisogna trovare una comunicazione efficace e reazioni forti».

COSA PIACE NELLA SERIE A«È un campionato di alto livello ed è quello che cerchiamo. Qui ci inseriamo bene, mio fratello parla l’italiano perfettamente, io miglioro e posso non partire diverse, uniche: molto più tattiche che altrove, un gioco che esalta l’intelligenza. I Thuram ci stanno bene. In più Torino mi ha riempito di amore, in Francia l’agente è concentrato su se stessa».

C’È COMPETIZIONE CON SUO FRATELLO?«Sono il fratello piccolo, non è il caso di lanciare le provocazioni. Marcus è fiero di me, io sono felice per lui, mio padre è davvero contento di vederci esprimere al meglio. Prima di fare il competitivo devo vincere qualcosa, se ci provo ora mi superano».

SUA PADRE E TUDOR: LO SCHIAFFO«Io non c’ero quando hanno avuto questa conversazione. Posso solo rassicurare Tudor: mai avuto bisogno di uno schiaffo».

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