Buffon svela: «Ho scelto di andare in Serie B con la Juve solo per un motivo. Calciopoli? Per me fu un’umiliazione» | OneFootball

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·4 December 2024

Buffon svela: «Ho scelto di andare in Serie B con la Juve solo per un motivo. Calciopoli? Per me fu un’umiliazione»

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Buffon svela un interessante retroscena sul suo passato da calciatore: le sue dichiarazioni nel corso dell’ultima puntata su Juventibus

Intervenuto nel corso di Juventibus, l’ex portiere della Juventus e della Nazionale italiana Gianluigi Buffon ha rilasciato le seguenti dichiarazioni.

SERIE B – «Io non sono andato in Serie B perchè mi ritoccavano il contratto, a me non fregava nulla dei soldi ma l’ho fatto per la gente, per chi mi aveva fatto diventare quello che sono diventato nei cinque anni prima, per chi dice che nel calcio non c’è riconoscenza»


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CALCIOPOLI – «Io ho sempre voluto concentrarmi sul campo. Quei campionato oggetto di discussione li ho vissuti come protagonista insieme ai miei compagni come la squadra da battere tecnicamente e moralmente. Ancora adesso ho quelle medaglie e quindi bene o male io ci faccio sempre un sorriso sopra e non so se quelle sono verità che mi racconto per farmi stare bene. Poi io so chi è stato più bravo in campo. Per me è stata un’umiliazione: si possono dire tante cose su di me ma su determinati elementi non toccatemi perchè sono quello sbagliato»

INTERVALLO CARDIFF – «Non successe nulla, se non quello che accade normalmente in quelle situazioni. Il mister che ci dice cosa fare, noi che ci esortiamo ad andare avanti. Ma non ci fu nessuno che alzò la voce in quell’occasione. È uno sciacallaggio inutile, non lo meritavano per il gruppo che eravamo e lo spessore delle persone che ne facevano parte. Ma non avevamo armi per controbattere quella situazione»

LIBRO – «Bello riavvolgere il nastro e vedere con gli occhi più maturi il percorso di vita e cercare di trovare le motivazioni del perché uno ha fatto determinate scelte ed errori» PERCORSO – «Il viaggio significa capire chi sono i tuoi compagni. Non facendo uno sport individuale il poter condividere è sempre stato fondamentale, la cosa che ho messo quasi al primo posto. Sapere di poter soffrire e gioire intensamente abbracciando determinati compagni, per me quello era fondamentale, sentirmi parte di una storia, di un viaggio. In mezzo a tutto questo percorso ci sono frazioni di secondo che dovevo trovare per rispondere alle insidie degli avversari, madre natura mi ha dato una mano e qualcosa ce l’ho messo io»

RAPPORTO CON IL CORPO – «Uno strumento fondamentale per noi atleti, gli unici due anni dove ho avuto problemi più acuti in maniera complicata riuscivo a performare. Star bene fisicamente aiuta a diradare possibili nuvole nella testa, se stavo bene di testa in campo vedevo le cose in maniera chiara e lucida e alcune volte mi sorprendevo» COSA VUOL DIRE JUVE – «Essere Juventus significa fare parte e rappresentare la parte più numerosa del popolo italiano, significa avere delle responsabilità superiori alla media. Le prime persone a cui devi rendere conto sono i datori di lavoro, la proprietà, ma immediatamente dopo ci sono i tifosi e la gente. Tantissime scelte che ho fatto sono state viziate fortunatamente dal mio trasporto dal rappresentare non solo una squadra ma un popolo. Essere Juve significa rappresentare una delle famiglie che hanno condizionato non solo nel calcio, l’industria italiana. Comportarsi in un certo modo e tramite il lavoro essere d’esempio. Tante cose molto sofisticate, se qualcuno te le spiega è importante. Questo fece Lippi, mi disse: “Verrai alla Juve, al primo errore sarai massacrato, non ti preoccupare è il percorso”. Diventa fondamentale la credibilità della persona con cui parli, come Lippi ce n’erano pochi»

JUVE E LEADER – «In questa Juve c’è la necessità di accentrare la leadership verso il gioco e l’allenatore. I giocatori sono di ottimo livello, come la Juve richiede non devono solo diventare dei meri esecutori di qualcosa richiesto ma devono avere anche la personalità in alcuni momenti di fare determinate scelte che prescindono. Vedendo i profili di adesso, senti parlare Perin e mi sembra un buon profilo, così come Danilo, magari Koopmeiners può diventare un leader tecnico. Manca personalità? Normale, è una squadra rinnovata e ha deciso di sposare un credo che può essere giusto che è quello del gioco. L’allenatore è quello che sta dimostrando di avere più leadership»

TEVEZ – «Mi ha emozionato come pochi, non c’entra essere dei bravi giocatori o dei campioni, c’entra quanto tu incidi nella squadra e tu lo fai con comportamenti, contano cose che non si vedono. Faceva una rincorsa che poteva sembrare stupida ma per i compagni era un segnale, una scossa che galvanizzava tutti»

ALLENATORE DEL CUORE – «Tendi a preferire quelli con cui hai vinto ovviamente. Conte per me è qualcosa di speciale, prima il mio capitano alla Juve e poi allenatore. La persona che ha saputo rinfrescare in me cos significasse rappresentare la Juve una cosa anche avevamo perso e il suo arrivo ha significato questo. Mi ha fatto tornare cattiveria e voglia di primeggiare che si era fermato. Ti spinge fino al limite, limite che non pensavi di avere. Grazie a lui, ha dato senso alla mia scelta di restare alla Juve in Serie B. Nell mia testa c’era di rivivincere almeno uno scudetto. Poi c’è Lippi, oltre la Juve abbiamo condiviso l’esperienza più importante per un giocatore che è la vittoria di un Mondiale»

SCUDETTO DOPO SASSUOLO«Sì 5 maggio ci credevo 1%. Dopo Sassuolo avevo la percezione che se avessimo trovato la chiave giusta per rendere al meglio ssi sarebbe potuti arrivare a giocarcelo, non a vincerlo in carrozza come è successo. Grande merito del mister, era il secondo anno di Allegri, era ancora un pochino inviso dalla tifoseria e quell’inizio poteva mandarlo in confusione, come ha dimostrato sempre quando c’è più pressione riesce a tenere la freddezza necessaria»

WERDER JUVE – «Perdiamo 3 a 2, una delle prime dopo l’infortunio alla spalla, ottavo di Champions League. A Brema feci due parate di alto livello. Il giorno dopo arrivo al campo d’allenamento e Fabio Capello mi chiama negli spogliatoi. Lui mi fa: “Così non va eh”. Mi fa vedere una situazione dove avrei potuto fare un’uscita bassa delle mie e invece non l’avevo fatta “Se tu sei questo non puoi più giocare”. Ancora oggi scherziamo su questo, lui mi affossò e ci rimasi male»

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