Calcionews24
·1 February 2025
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Enzo Bearzot è stato il Ct che ha portato l’Italia a vincere il Mondiale del 1982 passando attraverso critiche feroci, tanto da indurre la Nazionale a scegliere il silenzio stampa. Oggi su La Gazzetta dello Sport la figlia Cinzia lo ricorda in una bella intervista.
LA PIPA IN UN CASSETTO E IL FUMO – «Questa era una delle pipe di mio padre, la metto qui, altrimenti i miei nipotini la distruggono. Abbiamo provato a farlo smettere, ma era impossibile…».I SUOI GIOCATORI – «Io, mia mamma e mio fratello siamo sempre stati tenuti fuori dalla professione di papà. Voleva solo proteggerci. Così, gli azzurri li ho conosciuti dopo la sua morte tra incontri e rievocazioni. E lo ammetto, sì, i “figli” del ct sono per me dei fratelli. Non sono gelosa che lo chiamino padre perché questo rivela la sua diversità. Pensate a Paolo Rossi, accompagnato da un papà e non solo da un tecnico. Un po’ come quando da bambina mi teneva per mano al parco: ho una foto che me lo ricorda. Oggi sono in contatto con tutti i campioni, ma ho un feeling speciale con la moglie di Paolo, Federica».PAOLO ROSSI – «Sono ancora colpita dalla tenacia con cui papà lo ha ritenuto innocente dalle accuse del calcioscommesse e dalla cura con cui lo ha recuperato. Pablito era una persona unica, che è stata aiutata e ha ricambiato con affetto immenso».PERDONARE I CRITICI PIU’ FEROCI – «Ai tempi mio padre disse: “Non so se mi odiate, però io non ricambio lo stesso sentimento…”. Per me, però, perdonare è più difficile: il rispetto per la persona non c’era più. Papà non lo meritava, tutto qua».
BEARZOT E PERTINI – «Li lega la serietà, l’onestà, l’etica pubblica: non vanno mai date per scontate. C’era una comunanza di valori, nonostante avessero prospettive ed età diverse. Mio padre era il Vecio per invenzione di Giovanni Arpino, ma aveva solo 54 anni all’epoca».IL FALLIMENTO DEL MONDIALE 1986 – «In quel momento mi disse: “Sono durato anche troppo”. Poi ha avuto tante offerte, molto ricche, anche dall’estero, ma era del tutto indifferente al denaro. Penso abbia smesso troppo presto, ma così si è goduto i nipotini che adorava. Mia figlia si è laureata in Lettere Classiche nello stesso giorno in cui lui si è spento: papà ne sarebbe stato fiero anche perché aveva studiato i classici. Sposava l’idea di Orazio dell’accontentarsi di poco e aveva il profilo romano di Catone il Vecchio, colto e moralista come lui. Amava anche l’arte, la pittura fiamminga, e gli scrittori americani del 900: “Il piccolo campo” di Erskine Caldwell era il romanzo della sua vita. E se fosse qui, suonando a orecchio, improvviserebbe al piano un po’ del suo adorato jazz».
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