Como, le ambizioni di Fabregas potrebbero allontanarlo: «Devo capire dove vogliamo andare, ma la priorità è…» | OneFootball

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Calcionews24

·1 May 2025

Como, le ambizioni di Fabregas potrebbero allontanarlo: «Devo capire dove vogliamo andare, ma la priorità è…»

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Como, le ambizioni di Fabregas potrebbero allontanarlo: «Devo capire dove vogliamo andare, ma la priorità è…»

In un intervista esclusiva sul Corriere dello Sport-Stadio ha parlato del suo primo anno in Serie A e del suo possibile futuro a Como, Cesc Fabregas, allenatore spagnolo dei lombardi.

Tra i diversi aspetti affrontati, l’esperienza da allenatore, l’amore nato per Como e le influenze dei suoi ex allenatori, da Conte a Guardiola, passando da Mourinho e Wenger. Poi uno spazio anche al futuro. Le parole.


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FARE L’ALLENATORE- «Sono giovane e credo di sapere come gira. Quando José scherzava con noi ripeteva “non mi frega niente dei momenti brutti, visto che mi mancano trent’anni da allenatore”, ci faceva capire che è un lavoro molto usurante. Guardiola si è fermato un anno, e Mourinho una volta sei mesi. Negli ultimi tempi questo mestiere è cambiato e ogni tanto è necessario ricaricare le batterie. Oggi l’allenatore è tutto. È praticamente il CEO della società senza esserlo, ci mette la faccia quando si perde, quando si vince e quando bisogna fornire delle spiegazioni».

AUTONOMIA A COMO – «Non lo so, è presto per parlarne. Io ti posso raccontare solo la mia esperienza a Como dove siamo un gruppo. Il presidente, il direttore Charlie ed io. E poi c’è Osian Roberts, che è un po’ il responsabile del settore giovanile, una persona della quale mi fido ciecamente e che tante volte mi è d’aiuto sui temi più delicati. Sì, sono molto fortunato perché qui mi garantiscono tanta libertà».

COSA LO HA STUPITO – «Ci sono tanti modi di fare calcio e non se ne può escludere uno. Simeone vince alla sua maniera, Guardiola alla sua, così come José e Conte. Sono tutti stili differenti, però è calcio vero. È importante credere in quello che si fa. Potrei tranquillamente dire ai miei dài, andiamo a giocare palla lunga e conquistiamo la seconda palla. Ma non saprei come allenare la squadra, nel senso che non credo in quel calcio, non potrei mandare il messaggio giusto al giocatore. Il giocatore intelligente ti guarda in faccia, ti analizza. Se non è sicuro di quello che sta facendo tocca a me dargli gli input giusti e convincerlo. Io mi adatto a quello che abbiamo e poi provo a trovare tutte le soluzioni per andare a vincere. Però è vero che stiamo giocando praticamente il 70% della stagione con Da Cunha, Perrone e adesso Caqueret a centrocampo che sono esterni, numeri 10, numeri 8, non c’è un play tipo Rodri del Manchester City, o Paredes, uno che è più fisico e posizionale. Vi racconto un aneddoto. Dopo aver vinto la B mi ritrovai a cena a Trento con Pecchia e Capello. Fabio mi disse: “Cesc, adesso non puoi più giocare così eh, adesso ti devi difendere di più”. Insistette sulla difesa, difesa, difesa. Quella sera andai a dormire più convinto che mai che avrei seguito la mia filosofia».

ALLENATORI DELLA SUA CARRIERA – «Antonio è un fenomeno, un fenomeno. Potrei giocare e allenare giorno dopo giorno come fa Antonio? Sicuramente no. Però ho imparato tantissimo. Da Antonio, dalla sua metodologia e, soprattutto, dal suo messaggio costante, dalla sua idea. Mourinho e Guardiola diversi? Ma diversi in cosa? Sul campo forse, ma fuori sono malati di vittoria, hanno una incredibile mentalità vincente e una notevole capacità di trasferirla alla squadra. Antonio è della stessa pasta».

WENGER – «Arsène è il migliore che ho avuto. Soprattutto ora, in questo mio inizio da allenatore, è una figura importante e presentissima. Mi ha scritto anche ieri, mi scrive sempre dopo ogni partita».

AVVERSARIA PIU’ DIFFICILE – «Il Napoli, sicuramente. Qui a Como Antonio ha cambiato la formazione 3, 4 volte in pochi minuti per crearmi dei disturbi e cercare la vittoria. Secondo me ha fatto anche molto bene, indipendentemente dal risultato finale. A ogni suo adattamento corrispondeva qualcosa di diverso da parte mia. Non è stato semplice, te lo posso assicurare. Un altro molto complicato è stato Gasperini. Mi è stato detto che per la prima volta l’hanno visto difendere a quattro, cosa che non faceva mai. Mi ha obbligato a cambiare tanto, a trovare ripetutamente delle contromisure».

FUTURO – «Non lo so, niente è ancora deciso. Ho bisogno di una breve sosta a fine campionato, di un attimo di respiro prima di sedermi al tavolo con il Como… Mi ritengo molto fortunato perché qui la gestione del quotidiano è uguale tanto che si vinca quanto che si perda. Il confronto è costante. Como la priorità? Devo capire dove vogliamo andare. E in che modo. Sì, la priorità è il Como».

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