Tonali a Cronache di Spogliatoio: «Squalifica giusta, so di aver sbagliato. Milan? Secondo anno determinate ma vi svelo questo retroscena» | OneFootball

Tonali a Cronache di Spogliatoio: «Squalifica giusta, so di aver sbagliato. Milan? Secondo anno determinate ma vi svelo questo retroscena» | OneFootball

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·30 March 2025

Tonali a Cronache di Spogliatoio: «Squalifica giusta, so di aver sbagliato. Milan? Secondo anno determinate ma vi svelo questo retroscena»

Article image:Tonali a Cronache di Spogliatoio: «Squalifica giusta, so di aver sbagliato. Milan? Secondo anno determinate ma vi svelo questo retroscena»

Tonali, centrocampista del Newcastle ed ex Milan, ha raccontato della squalifica e del periodo trascorso in rossonero. Le dichiarazioni

Intervistato da Cronache di Spogliatoio, Sandro Tonali, ex Milan, ha dichiarato:

SQUALIFICA – «So che ho sbagliato, so che ho pagato, so che ho lavorato per essere un uomo migliore. Ma all’inizio, nei primi 5-6 mesi, quando non avevo ancora capito il mio errore, la mia testa mi diceva: ‘Sandro, non hai sbagliato’. Era quello il pericolo. Se non fai il mio stesso tipo di percorso, se non perdi niente, è difficile che tu capisca l’errore. Se domani perdessi il lavoro e la famiglia, comprenderesti immediatamente di aver sbagliato qualcosa. Ti scatterebbe dentro automaticamente un esame di coscienza.  Nella mia situazione è stato un po’ diverso: lo stipendio non me lo ha tolto nessuno, il mio lavoro lo avevano solo bloccato. Come fai a dire: ‘Sì, per un anno vado 4 volte a settimana dallo psicologo anche se non è obbligatorio anziché restare a casa’?».


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RIENTRO – «Al mio rientro ho fatto le prime 3-4 partite di voglia, energia, adrenalina. Ho toccato un picco enorme, poi già dai match successivi ho accusato lo sprint. A un certo punto si aspettavano sempre quel tipo di prestazione e quando sono calato, in Inghilterra si sono chiesti: ‘Oh, cosa è successo?’. In realtà è una cosa normale. Abbiamo trovato un percorso, ci siamo gestiti. Tra agosto e novembre ho giocato 2-3 partite da titolare, ma ho avuto comunque tanto minutaggio perché entravo per 45’ o mezz’ora. Mai soltanto per un minuto, perché non mi sarebbe servito a nulla».

PERCORSO PSICOLOGICO – «Ho lavorato per un anno con lo psicologo, lo incontravo 4 volte a settimane. Quando ho iniziato non è stato semplice: non potevo prendere farmaci a causa dell’antidoping. È difficile far capire l’errore a uno che non ha le basi dell’errore perché ha già tutto. Nei primi 2 mesi mi allenavo ma senza vedere l’obiettivo finale: non avevo stimoli. Quando non devi metterti in gioco con nessuno, quando non devi allenarti meglio del compagno perché altrimenti non giochi, non hai stimoli. Mi sono trovato in un momento, fra il secondo-terzo mese, in cui non avevo stimoli. La mattina andavo al campo e mi chiedevo il perché. Con lo psicologo ho lavorato per due settimane sul ritrovare questi stimoli, perché a volte non volevo neppure andare».

LONTANANZA DALL’ITALIA – «Sono stato fortunato a essere in Inghilterra. Ho vissuto 7 mesi senza il telefono, senza il tablet. La tv la guardavo solo per le partite e i film. Non guardavo i telegiornali, non mi arrivavano notizie. Anche perché immagino che in quel periodo non siano state… ‘Sandro Tonali ha sbagliato’. Non guardare social e tv mi ha alleggerito completamente. Non ho idea di cosa sia successo in quei mesi lì e non mi interessa, è questo il bello. Io so che ho sbagliato, so che ho pagato e che lavorato per essere un uomo migliore, ma non mi interessava andare ad aggiornare i social cercando il mio nome. Vivere senza il telefono è stato un po’ problematico, soprattutto nel contattare la mia famiglia. Ogni volta dovevano contattare la mia ragazza e lei doveva essere accanto a me. Poi andavo in giro, al campo in macchina senza telefono e non mi pesava. Avevo gli orari degli allenamenti sul telefono della mia ragazza. Dopo un po’ di mesi, quando ho capito che utilizzarlo da solo non era più un pericolo, l’ho ripreso».

JUVE PRIMA DI VENIRE AL MILAN – «Eravamo in Sardegna io, Cistana e Torregrossa, il gruppo Brescia insomma. A un ristorante abbiamo incontrato De Ligt. Era l’anno in cui avevamo giocato contro in Serie A, l’anno del Covid. Lui mi ha parlato benissimo della Juventus, da giocatore mi ha consigliato di farci un pensiero. Erano i giorni in cui stavo trattando con il Milan. Ci eravamo fermati a parlare dopo una partita. Capita che per una manciata di secondi ti ritrovi a chiacchierare con un avversario anche se non lo conosci, più per una questione di rispetto. Alcuni poi li memorizzi e quando li vedi, pensi: ‘Questo l’ho già visto’. Era l’estate in cui ero finito sui giornali, perché era difficile un mio ritorno in B con il Brescia. C’erano in ballo Milan, Inter e Juve per tutta l’estate. E quindi chiunque mi diceva: ‘Vieni all’Inter, vieni al Milan, vieni alla Juve».

ARRIVO AL MILAN – «Se dobbiamo parlare molto sinceramente, quando il Milan mi ha comprato, arrivavo dall’ultimo anno di Brescia dove avevo un contratto da 200.000€. Ho fatto un’estate dove non sapevo mai con chi avrei firmato, fino agli ultimi cinque giorni veramente non sapevo in che squadra sarei andato».

DIFFICOLTA’ DI ADATTAMENTO – «E alla fine mi sono ritrovato al Milan, che è la squadra per cui ho sempre tifato da bambino, con un contratto da circa due milioni e mezzo di euro. Ho detto: ‘Ok, ce l’ho fatta, sono arrivato, basta. Cosa devo fare? Più di così, cosa c’è?’. Poi per me, che non venivo da una città, non venivo da una famiglia ricca, mi dicevo: ‘Ok, basta, ora mi diverto, non penso più a niente’. E quindi ero un ragazzino di vent’anni che era a Milano con la fidanzata, che guadagnava un sacco di soldi, giocava nella sua squadra del cuore, non avevo più obiettivi nella mia vita. E ho avuto difficoltà perché questi ragionamenti e pensieri che facevo fuori dal campo poi si rispecchiavano in campo».

PRIMO ANNO – «Ma la gente non pretendeva le stesse cose che a Brescia. Ho iniziato in modo normale nelle prime partite, niente di che. Poi ho avuto il periodo in mezzo, che è stato quello di maggiore difficoltà per le tante partite, a cui non ero abituato. Noi giocavamo una volta a settimana a Brescia, e mi sono ritrovato a fare i preliminari di Europa League, Europa League, Coppa Italia, Serie A. Ero stravolto, quindi l’ho subita molto. Delle volte, in quella stagione, preferivo non giocare, quindi questo ti fa capire in che momento ero. Se oggi non gioco una partita, la mia ragazza lo sa, è un delirio!».

DIFFERENZE TRA PRIMA E SECONDA STAGIONE – «A fine stagione ci siamo qualificati in Champions e ho detto: “Basta, adesso devo giocare”, perché avevo fatto 37 partite, ma mai nessuna che ti faceva dire “Caz*o, che partita che ha fatto Tonali!”. Dal secondo anno è cambiato un po’ tutto. Sono andato in vacanza, ho fatto una vacanza un po’ particolare perché non sapevamo ancora se il Milan mi avrebbe riscattato o meno. Sono rimasto a Brescia, sul lago, trascorrendo ogni giorno a guardare il telefono per 20 giorni, c’era quell’aria pesante».

SECONDO ANNO AL MILAN – «Non volevo lasciare il Milan. E quella cosa lì mi pesava molto. Ci hanno chiamato e ci hanno detto: “Ok, però bisogna rinunciare, bisogna parlare”. Credo che il momento di difficoltà me lo sono tolto nelle prime due partite della seconda stagione, che erano un po’ un dentro o fuori. Della serie: o sei cambiato oppure ti releghiamo a quello che eri prima».

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