25° anniversario, Marchegiani: "Una squadra irripetibile, il mio ricordo dello Scudetto" | OneFootball

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LazioPress.it

·20 de mayo de 2025

25° anniversario, Marchegiani: "Una squadra irripetibile, il mio ricordo dello Scudetto"

Imagen del artículo:25° anniversario, Marchegiani: "Una squadra irripetibile, il mio ricordo dello Scudetto"

A margine dell'evento tenutosi lo scorso 15 maggio in occasione del 25° anniversario dal secondo Scudetto vinto dalla Lazio, l'ex portiere biancoceleste, Luca Marchegiani ha ricordato la storica impresa condotta dai ragazzi di Sven Goran Eriksson. Di seguito le parole rilasciate dall'ex giocatore biancazzurro ai microfoni ufficiali della società.

Le parole di Marchegiani

Una cosa irripetibile. Io dico sempre che abbiamo ricevuto un risarcimento per quello che avevamo perso l'anno precedente. Le situazioni erano anche abbastanza simili, e secondo me lo meritavamo in entrambe le stagioni, per la regolarità della squadra, il valore, il talento, il cammino che avevamo fatto.Non vincere nulla sarebbe stato una beffa. Per questo considero quello Scudetto anche un premio a quanto fatto l'anno prima, perché probabilmente lo avremmo meritato comunque.

Che squadra era quella Lazio?

Eravamo una squadra forte. Con il tempo, alcuni giocatori e caratteristiche rimangono più impressi di altri, ma quella era una squadra completa: avevamo calciatori di alto livello in ogni ruolo, una panchina fortissima.Basti pensare a Simeone, che è stato straordinario e decisivo nella parte finale della stagione, eppure all’inizio era quasi il terzo mediano. Prima giocavano Sensini e Almeida, poi è arrivato lui. Questo dà l’idea del livello della rosa.E va detto anche che in quegli anni il calcio italiano era pieno di grandi giocatori, e quella Lazio in particolare.

Tanti tifosi si chiedono ancora: era più forte la Lazio del 1998-99 o quella del 1999-2000?

Erano due squadre forti. Quella dell’anno prima ha costruito lo Scudetto sfiorato grazie a un grande girone di ritorno, con Bobbo Vieri che rientrò il 6 gennaio e ci trascinò fino alla fine.Poi Vieri è andato via, è arrivato Verón, è tornato Boksic, sono arrivati giocatori di livello altissimo.Ma era una squadra costruita per durare: se la società vendeva qualcuno durante l’estate, lo rimpiazzava con giocatori dello stesso livello, se non migliori.Fare confronti è difficile, ma secondo me quella dello Scudetto è stata la Lazio migliore.

Quanto ti ha aiutato nella crescita, nella maturità, avere come vice Marco Ballotta?

In realtà non avevo bisogno di maturare perché avevo già una certa esperienza.Marco però mi ha aiutato tantissimo negli allenamenti, per tenere sempre alto il livello, e nella gestione delle situazioni. È stato un amico prima ancora che un collega.Ha aiutato anche la squadra: quando c’è stato bisogno di lui, è stato eccezionale. Non a caso, la partita più importante della stagione, la vittoria a Torino contro la Juventus che ci portò a -1, la giocò lui, e la giocò benissimo.

Dopo 25 anni, quella squadra può essere paragonata a qualcuna del calcio di oggi?

Secondo me no, è un altro calcio. È difficile fare paragoni per caratteristiche. Quella era una squadra piena di talento.Oggi in Italia non c’è una squadra che possa essere paragonata a quella. Ora il calcio è molto più tattico, più organizzato.E non mi vergogno a dire che ci sono meno giocatori forti rispetto a quell’epoca: altri campionati ora se li accaparrano.

Nell’estate del 2000, vedevi lo Scudetto come un punto d’arrivo o l’inizio di un ciclo?

Per me era l’inizio di un ciclo. Lo pensavo davvero, anche perché a fine stagione la Lazio prese Peruzzi, e io decisi di restare proprio perché credevo che avremmo continuato a vincere.Poi non è andata così, ma è un’altra storia: sono subentrate altre situazioni, altre difficoltà.

In quegli anni, però, il livello in Italia era altissimo...

Esatto. Non avevamo solo noi giocatori forti. Ogni stagione era una battaglia. Era difficile vincere per più anni consecutivi.Forse oggi sarebbe stato più facile aprire un ciclo vincente, perché il livello è più livellato verso il basso.Se oggi hai un gruppo di giocatori forti e riesci a mantenerli, puoi avere continuità. All’epoca invece ogni anno vinceva una squadra diversa, c’erano troppe squadre forti, ogni campionato era aperto.

Chi era il tuo incubo in allenamento?

Non è che mi segnasse sempre, ma Simone Inzaghi lo soffrivo. Nelle partitelle si nascondeva sempre dietro il palo, dietro la palla, e non c’era fuorigioco. Era difficile marcarlo.

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