Juventusnews24
·4 de marzo de 2025
Abi Brighton: «Juventus Women, sentivo che eri giusta per me. Scivolate ma non solo, vi farò vedere…» – ESCLUSIVA

Juventusnews24
·4 de marzo de 2025
Abigail Crosby Brighton, per tutti Abi, ci sorride quando si presenta, sorride quando risponde alle domande, sorride quando se ne va. Dice che è chill, che è il suo modo di prendere la vita. Forse è per questo che la centrifuga in cui è finita negli ultimi mesi l’ha sballottolata poco. E’ arrivata a gennaio dopo aver portato da capitana Vanderbilt, il suo college, fino alle finali universitarie in Florida. A Torino si è invece fatta portare dalla Juventus Women, che la seguiva da molto prima, e le ha consegnato subito le chiavi del centrocampo. Reclutamento diretto, svolto da un referente sul territorio e finalizzato da Massimiliano Mazzetta, vice di Stefano Braghin. Scouting d’assalto, quello che serve per anticipare le ‘top spenders’, quali sono i club di NWSL (il campionato professionistico americano). Il suo impatto in bianconero è stato come lei, forte. JuventusNews24 ha intervistato in esclusiva uno dei nuovi talenti della Serie A femminile.
Ciao, Abi «Ciao! (sorride ndr)».
Cosa diresti di Abi Brighton a chi non conosce Abi Brighton?«Direi che sono una delle persone più felici che conosco. Secondo i miei amici sorrido molto. E pendo di essere divertente… Almeno io rido delle mie stesse battute! E credo di essere una persona molto rilassata, prendo le cose come vengono. E un’altra cosa: giocavo come centrocampista offensiva nel ‘soccer’, anzi ora meglio dire nel ‘football’, fino a quando sono arrivata a Vanderbilt, poi sono passata più alla fase difensiva».
La Juventus Women come è entrata nella tua vita?«In realtà è una storia divertente. Avevo un vecchio fisioterapista a Vanderbilt. Mi ha scritto su Instagram e mi ha chiesto quali fossero i miei piani per il futuro, se volessi giocare oltreoceano. In quel momento ero nel bel mezzo della stagione con Vanderbilt, quindi non ci stavo nemmeno pensando. Ero concentrata sul mio percorso lì e volevo portarlo a termine. Così ho smesso di rispondergli su Instagram. Poi durante un torneo gli osservatori della Juve si sono avvicinati a mio papà. Mio papà dopo la partita mi ha detto: ‘Hey la Juventus è interessata, gli scout hanno chiesto di te’. Così ho pensato: ‘Wow ecco di cosa stava parlando!’. Il fisioterapista aveva studiato nello stesso college di uno degli scout della Juventus. Ed è così che si è creata la connessione… Da lì in poi abbiamo iniziato a parlare».
Scelta ponderata o hai seguito l’istinto?«Mi ha aiutato il supporto della mia famiglia e dei miei amici. Sono religiosa quindi ho pregato. Alla fine tutto sembrava indicarmi che questa era la strada giusta. Soprattutto le persone a me care continuavano a dirmi: ‘Devi andare’. Certo, ero un po’ nervosa perché era tutto nuovo ed è tutto successo molto in fretta. Anche se sapevo che mi sarebbero mancati tutti, erano così entusiasti per me che mi hanno convinto a fare questo passo».
Ti aspettavi questo tutto questo ‘hype’ quando è uscita la notizia?«Mi sono sentita davvero grata. Ho apprezzato molto la mia esperienza a Vanderbilt e anche l’entusiasmo e la curiosità delle persone per il mio arrivo qui. Vedere così tanta gente felice per me mi ha dato la carica. Mi sono sentita molto accolta, molto più di quanto mi aspettassi».
Come è cambiata la tua vita rispetto alla routine che avevi di Vanderbilt?«Sicuramente non c’è più la scuola. All’università avevo allenamento al mattino e lezione per tutto il resto della giornata. Sinceramente non so come abbia fatto! Adesso mi sveglio, mi alleno e tutta la giornata ruota intorno al calcio. Ma sento che le mie giornate sono così piene quindi davvero non so come facessi prima. Però credo che la disciplina che ho imparato al college mi stia aiutando anche qui. Ho più tempo per me ma solo perché non vado a scuola. Ora posso dedicarmi ad altre cose. Come imparare l’italiano…».
Come ti stai trovando qui?«Torino mi piace davvero molto, penso sia bellissima. Tutti sono stati molto gentili con me. Non c’è una persona in particolare che mi abbia aiutata più delle altre. Tutti sono stati fantastici e le ragazze così accoglienti. Ma mi ha aiutata arrivare qui con Mathilde (Harviken ndr). Eravamo insieme al J Hotel, abbiamo fatto cena insieme. Quindi nelle prime settimane ha reso il cambiamento più facile perché non ero l’unica persona nuova. Chiaramente dopo inizi ad ambientarti dentro la squadra e diventa tutto più naturale».
Perché proprio il calcio?«Mio padre giocava a calcio all’università come portiere. Anche mio fratello ha giocato. Lui ha 24 anni, io 22, quando eravamo più piccoli iniziava a giocare a calcio sempre più seriamente. Quando avevo, credo, 5 anni ho cominciato anche io. È arrivato il momento in cui mio papà mi ha detto: ‘Dovresti giocare a un livello competitivo’. Mio fratello lo aveva fatto ed essendo il mio idolo… Cioè lo è tuttora… Qualsiasi cosa facesse dovevo farlo anche io… Come iniziare a giocare ad alto livello. Avremmo potuto allenarci fuori insieme. Questo mi ha aiutato ad entrare definitivamente nel mondo del calcio».
Ora sei entrata in quello della Juventus, piuttosto bene direi«Mi ci sono volute un paio di settimane per adattarmi al calcio di qui. È un po’ diverso rispetto a quello che ero abituata a giocare. Ma una volta capito tutto e presa confidenza con le compagne, con l’allenatore e con il sistema di gioco ho iniziato a sentirmi più a mio agio. Ho cercato di non mettermi troppa pressione e di essere indulgente con me stessa, perché so che mi trovo in un ambiente nuovo e lontano da casa. So che all’inizio può essere difficile, ma bisogna accettare di sentirsi un po’ a disagio e sapere che con il tempo troverai il tuo ritmo. Ora penso di essere migliorata».
E’ vera questa cosa che a Vanderbilt eri famosa per le tue scivolate?«Sì! Sono sempre stata una giocatrice fisica. Ma quando sono arrivata a Vanderbilt uno dei miei allenatori preferiti diceva: ‘Buttati!’. Quindi ogni volta che c’era un contrasto durante l’allenamento o la partita in cui potevi intervenire in scivolata era meglio farlo… Allenarmi così per quattro-cinque anni ha cambiato il mio stile di gioco. Ho sempre detto che mi piace l’aspetto tecnico del gioco ma essere passata da Vanderbilt ha sviluppato il mio gioco più fisico».
Ti senti sottovalutata da un punto di vista tecnico?«Forse un pochino. Più mi sento a mio agio più comincio a mostrare il mio repertorio. Sto facendo cose semplici col pallone essendo in un ambiente nuovo e ho iniziato giocando un po’ sul sicuro perché non voglio sbagliare. Sono la nuova arrivata. Mi sto ambientando ma ci sto arrivando… Sono sottovalutata sopratutto perché ero una giocatrice offensiva. So di avere le capacità e la tecnica. C’è un momento giusto e uno sbagliato per fare certe cose».
Arriverà anche il momento del tuo primo gol alla Juve. Hai una tua esultanza?«Nessuna in particolare. Quando segnavo correvo solo verso la compagna più vicina per abbracciarla. Ho segnato tante volte. Non era mai un qualcosa di individuale ma sempre con la squadra. Quindi festeggio con chiunque mi abbia fatto assist o sia vicino a me. Ovviamente se segnerò qui sarà lo stesso».
Con coach Canzi come vanno le cose?«Parla un ottimo inglese, quindi il rapporto è ottimo. Apprezzo molto il tempo che dedica nell’essere paziente con me e spiegarmi cose. Soprattutto tatticamente perché facciamo cose diverse da quelle a cui ero abituata. L’ho apprezzato sinora».
Cosa ti chiede?«Tatticamente mi ci è voluto un attimo per metabolizzare il modo in cui difendiamo. Andiamo molto di più uomo su uomo. Quindi semplicemente di monitorare il mio riferimento in ogni momento, a meno che non cambiamo ovviamente. E poi per me è importante il posizionamento del corpo. La mia posizione è a 360 gradi. Devo sapere tutto quello che mi succede attorno. Il posizionamento del corpo ti aiuta molto e soprattutto a questo livello devi esserne molto consapevole perché tutti intorno a te sono così bravi. Non puoi non sapere dove andrà il tuo prossimo passaggio. Quindi questo aiuta».
Che idea ti sei fatta del calcio italiano?«Penso sia molto più tattico. Anche negli Stati Uniti è tattico ma molto più basato sull’aspetto fisico. Se sei grosso, forte e veloce puoi avere molto successo. Qui sono stata sicuramente messa alla prova tatticamente: è come se dovessi pensare in modo un po’ diverso da come facevo lì e pensare un po’ di più e più velocemente di quanto facessi negli USA».
Questa poule scudetto?«Affrontiamo una partita alla volta. Sono tutti molto forti. Non puoi essere concentrato sull’ultimo risultato o sulla partita che verrà, devi essere nel presente. Devi focalizzarti sulla partita che hai davanti».
Eri già stata in Italia prima?«Siamo stati a Roma, Firenze, in giro per la Toscana. Firenze era molto affollata. A Roma il Colosseo era davvero incredibile. Dopo averlo visitato, ovviamente, ho dovuto guardare il Gladiatore. Quindi ho trovato Roma davvero bella. Però devo dire che il cibo mi è piaciuto di più a Firenze».
Torino hai avuto modo di scoprirla?«Ho fatto qualche passeggiata in città. Per me è davvero pericoloso nella zona dello shopping perché devo risparmiare i miei soldi. Ma è una città bellissima e abito non troppo lontano, quindi è sicuramente raggiungibile a piedi».
Rapporto con il cibo italiano?«Non ho un piatto preferito, onestamente mi piace tutto, perché sono molto golosa. Mangio qualsiasi cosa mi mettano avanti. Ma direi che di solito scelgo la pasta. E la pizza. Quindi sì mi piace tutto… (ride ndr)».
Sei nel posto giusto.
Si ringrazia l’ufficio stampa della Juventus per la disponibilità mostrata in occasione di questa intervista