Tonali: «Mai accettato l’idea di andare all’Inter, Maldini ha cambiato tutto. Oggi sto vivendo una seconda vita, le scommesse…» | OneFootball

Tonali: «Mai accettato l’idea di andare all’Inter, Maldini ha cambiato tutto. Oggi sto vivendo una seconda vita, le scommesse…» | OneFootball

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·26 de febrero de 2025

Tonali: «Mai accettato l’idea di andare all’Inter, Maldini ha cambiato tutto. Oggi sto vivendo una seconda vita, le scommesse…»

Imagen del artículo:Tonali: «Mai accettato l’idea di andare all’Inter, Maldini ha cambiato tutto. Oggi sto vivendo una seconda vita, le scommesse…»

Le parole di Sandro Tonali, centrocampista del Newcastle, sul suo passato ed il caso scommesse che lo ha coinvolto. I dettagli

Sandro Tonali, centrocampista del Newcastle, ha parlato a La Repubblica del caso scommesse e del suo passato con il Milan.

SECONDA VITA – «No, non è esagerato parlare di una prima e di una seconda vita. Il mio stile di vita era negativo. Ero chiuso con tutti e questo mi faceva cambiare comportamento: anche con le persone che mi volevano bene e alle quali volevo bene. Ero così sia al campo di allenamento sia a casa, con amici e familiari. Oggi, per fortuna, sono diverso. Non ricordo la prima scommessa. È diventata un’abitudine a 17-18 anni. E la normalità quando ha cominciato a prendermi tanto tempo. Il fatto che fosse online mi oscurava da tutto, mi chiudevo nel mio guscio. Se ho mai avuto la consapevolezza che stesse diventando una dipendenza? Credo in realtà di non averla mai avuta. Quando una persona si ritrova in una situazione del genere, è difficile chiederle se è malata. Ti dirà sempre di no. Anche se sente che non è così. Non può pensare di avere quel problema, quindi tende a nasconderlo».


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SQUALIFICA – «Nei mesi lontano dal campo ho passato tanto tempo con lo psicologo. Il suo lavoro era farmi capire come ci ero caduto. Di solito lo si capisce nel momento in cui si perde qualcosa: famiglia, lavoro, stipendio. Invece nel mio caso la disponibilità economica non mi ha fatto accorgere della serietà della cosa. È stato un lavoro di recupero difficile. Non potevo prendere farmaci specifici, perché col 95% di quelli sarei risultato positivo all’antidoping, così è stato tutto un percorso mentale: durato mesi, con psicologo e psichiatra. Nei primi due mesi ero staccato da tutti, poi rientrando nella vita, allenandomi tutti i giorni senza avere la partita, ho capito che pagavo per quello che avevo fatto».

NEWCASTLE – «Compagni e allenatore mi hanno sempre tenuto dentro, come staff e dirigenza. I tifosi del Newcastle e quelli avversari non mi hanno mai giudicato. Qui rispettano i problemi di tutti, non calcano la mano e cercano di aiutarti. L’aiuto più grande me l’hanno dato il professore Gabriele Sani, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale Gemelli di Roma, i miei familiari, Giulia, Andrea Romeo e la sua famiglia che sono qui accanto a me, i miei procuratori Marianna Mecacci e Giuseppe Riso. Questa situazione ha rinsaldato il rapporto. Come sono stati i primi mesi della squalifica? l primo mese ero in viaggio tra Italia e Inghilterra. Non ho mai sfiorato la depressione, perché ho lavorato subito su me stesso. Tre colloqui a settimana online e uno in presenza ogni mese. Non ne ho saltato uno. Si parlava sempre del giorno prima, con tre lavori specifici: uno sulla mia persona, l’altro sul gioco d’azzardo e l’ultimo era il compendio. I 16 incontri organizzati dalla Figc li ho fatti in Italia: dopo i primi 6 mesi della squalifica, sono stato a Bari, Roma, Firenze, Milano, Verona».

TRA INTER E MILAN – «Mi è capitato di pensare a quando potevo andare all’Inter. Non l’ho mai accettato: non perché non sia una squadra forte, ma non mi reputavo felice al 100%. Ogni giorno se ne parlava. Sentivo il mio procuratore e i dubbi erano grandi. La montagna che non volevo scavalcare. La chiamata di Paolo Maldini ha cambiato tutto, mi ha fatto felice e ho detto: “O vado al Milan o resto al Brescia”. Me l’ha trasmesso mio papà, questo legame col Milan. Facevo colazione con la tazza rossonera di Gattuso e quando si è rotta ho costretto mia mamma a sistemarla pezzettino per pezzettino. Quando il trasferimento si è concretizzato, ho chiesto a Rino il permesso di indossare la sua n° 8».

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