Pagine Romaniste
·15 février 2025
Cesarin: “Se un gentleman come Ranieri arriva a fare questo, beh, allora siamo arrivati oltre”
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·15 février 2025
La Gazzetta dello Sport (M. Della Vite) – “Sto notando un aspetto…”. Pronti, partenza e Paolo Casarin fischia l’avvio. “La gente inizia ad affezionarsi molto al calcio. Comincia ad appassionarsi, ma mi pare di capire che cominci anche a…. capire di non capire più il calcio. Rendo l’idea”.
La conseguenza di tutto questo è? “Che la gente va allo stadio una volta, vede una certa situazione e fischiano il rigore. Poi ci va la settimana dopo, l’episodio è identico e non danno rigore. E non capiscono più. Il calcio non é della Fifa, è della gente. E la Fifa non deve giocare con le regole”.
Da Gasp a Ranieri: l’asticella della tolleranza è bassa bassa, oggi. “Se un gentleman come Ranieri arriva a fare questo, beh, allora siamo arrivati a qualcosa di più. Di oltre. Dire “non andate a salutare l’arbitro” è più grave dell’ipotesi di andarlo a offendere. Perché in quel momento li rompi una liturgia, quella del saluto e del ringraziamento: ed è un gesto forte. E come dire che quell’arbitro non merita il nostro saluto”.
Ma l’incredibile è accaduto per il rigore dato contro l’Atalanta in Champions. “Un abbaglio terrificante. Niente da aggiungere”.
Non è che si dovrebbe tornare a volontarietà o involontarietà? “Esattamente così. Tu non puoi punire tutti. Rocchi sta cercando di fare valutazioni anche in quel senso ma la bussola deve tornare in una direzione. Il rigore va dato perché massima punizione, se impedisci all’avversario di tirare in porta. E un risarcimento per il danno, chiaro, che hai subito”.
Anche Rosetti ha i suoi problemi, in Europa. E la difformità fra Italia ed Europa disorienta. Se il designatore della Uefa le chiedesse un consiglio? “Gli direi di scegliere gli uomini andando nella profondità, di mandare in campo arbitri dopo verifica profonda. Lo facevo anche io quando sceglievo. Se l’arbitro è sereno, se ha un problema a casa, se… è tutto a posto: come fa un ragazzo che arbitra ad essere tranquillo se due giorni prima ha avuto un “terremoto” in casa? Non ha un interruttore nell’anima e nel cuore o cervello… Ne risente per forza”.
Le dita sono tutte puntate sul protocollo Var. “Allora, mi dia due minuti. Nel 1937 in Inghilterra provarono a mettere due arbitri, facendo ridere il mondo. Ci provammo anche noi in Coppa Italia, mezzo campo a testa, Paparesta e proprio Rosetti mi pare, ma se i due sono troppo diversi, se una situazione uguale da rigore o no la vedono in maniera differente in due azioni distinte, come lo spieghi? E infatti, a quel tempo, feci una relazione contro quella sperimentazione. Poi si è arrivati al gol non gol, bene, al fuorigioco semiautomatico, e ok; ma io la riporto alla nascita del Var, 2017”.
Per arrivare dove? “Il primo protocollo aveva 4 voci. Scambio di perso-na, rigore sì rigore no, gol o non gol, intervento violento da cartellino rosso. Ecco: la semplicità. Hanno voluto complicare allargando tutto. Invece bastava cosi, 4 cose ma chiare. Prendiamo la palla calciata da Bastoni evidentemente fuori: ma che sono, muti? No, si parlano. E basta che gli dici che il pallone è uscito. Basta complicazioni”.
Gli arbitri oggi: li definiamo confusi? “Ci sono giovani che valgono, non faccio nomi ma si vede. E che devono smetterla, all’Ifab, di cambiare regole ogni due minuti. Lasciamole sedimentare e capire fino in fondo. E poi, quelle terminologie tipo “congrua”, posizione del braccio congrua. Ma basta con questi vocaboli…”.
Morale… “Che il calcio è solo un gioco, una cosa seria. E che stiamo andando troppo verso la tecnologia: i giocatori non sono stupidi, ti studiano, ti leggono negli occhi e quindi l’arbitro deve tornare a fare l’arbitro. Non aspettare la telefonata…”. Chapeau.