«Dal “progetto con le rotelle” al Bosco dello Sport: così Venezia avrà il nuovo stadio». Intervista al vicesindaco Tomaello | OneFootball

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·1 Mei 2025

«Dal “progetto con le rotelle” al Bosco dello Sport: così Venezia avrà il nuovo stadio». Intervista al vicesindaco Tomaello

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«C’è una cosa che dico spesso, leggendo le notizie su stadi e infrastrutture sportive: l’Italia è una Repubblica fondata sui rendering. Ne escono due o tre a settimana, ma di progetti concreti ce ne sono stati praticamente zero o quasi. Più che un racconto è una tragedia». Andrea Tomaello, trentacinquenne vicesindaco di Venezia (con delega tra le altre allo sport e all’ambiente, nella giunta di centrodestra guidata da Luigi Brugnaro), è appassionato non solo di sport, ma segue anche da vicino tutto ciò che riguarda il tema degli stadi in Italia. Anche perché da vicino sta seguendo anche un progetto particolarmente rilevante per il Comune della città lagunare e per il Veneto in generale: parliamo del Bosco dello Sport, l’operazione nell’area di Tessera (accanto all’aeroporto) grazie a cui vedrà la luce il nuovo stadio di Venezia da 18.500 posti, insieme ad una nuova arena da 10.000 spettatori e ad una grande area verde con 6,5 km di viabilità e 6,1 di piste ciclabili oltre ad una nuova stazione ferroviaria.

Un progetto che nasce da lontano, con una storia particolarmente travagliata. «I quotidiani locali a lungo lo hanno definito “lo stadio con le rotelle”, perché ogni sindaco che entrava in carica sceglieva un’area diversa dove posizionare lo stadio senza però mai costruirlo», spiega Tomaello a Calcio e Finanza. «Già nel 1954, 71 anni fa, l’allora sindaco Angelo Spanio disse che serviva un nuovo stadio. Una svolta è arrivata circa 30 anni fa quando, dopo la fusione tra Venezia e Mestre e con la presidenza del club da parte di Maurizio Zamparini, l’allora giunta individuò l’area di Tessera come zona per il nuovo stadio».


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Andrea Tomaello, vicesindaco di VeneziaTuttavia, non se ne fece nulla, anche a causa dei classici scontri tra privati e politica. «L’idea era che ci fosse anche una area commerciale annessa, ma il progetto si bloccò visti i contrasti con l’amministrazione comunale allora guidata dal sindaco Cacciari e Zamparini lasciò Venezia per acquistare il Palermo». Dal post-Zamparini in poi si sono susseguite diverse proprietà per il club lagunare, senza tuttavia che ci fossero nuovi passi avanti. Ma una certezza in questi 30 anni è rimasta, quella cioè relativa all’area di Tessera. «È sempre stata individuata come sede ideale: è logisticamente comoda e, soprattutto, parliamo di un terreno di proprietà pubblica. Non abbiamo dovuto toccare nulla, nemmeno da un punto di vista di varianti urbanistiche, cosa che altrove è stata un grande ostacolo, perché l’area era già destinata a sviluppi sportivi. Abbiamo così completato i vari passaggi burocratici, per un progetto al cui interno ci sono cinque temi: lo stadio, l’arena, la viabilità, i parcheggi e l’area boschiva», ha proseguito Tomaello.

Un progetto che sta andando avanti in maniera spedita, a partire dal palazzetto. «Per l’arena siamo arrivati al tetto: se tutto rispetterà le tempistiche, sarà completata entro giugno 2026 e sarà pronta per la stagione 2026/27. Il Taliercio, dopo essere salito alla ribalta nazionale, non bastava più. Per una città come Venezia, di fama mondiale, avere come struttura più grande una palestra da 3.000 posti degli anni ’70 era abbastanza imbarazzante. Non si potevano organizzare eventi di rilievo. Lo stadio invece sarà pronto per la primavera 2027».Il tutto in attesa che, da un punto di vista burocratico, venga completata l’assegnazione della gara per la gestione degli impianti. Con due favoriti d’obbligo: il Venezia FC per lo stadio e la Reyer Venezia (società di pallacanestro di proprietà del sindaco Brugnaro, ndr) per il palazzetto. «In questo momento è in corso la gara per la gestione degli impianti, a cui hanno partecipato sia Venezia che Reyer, e la speranza è di portarla a termine entro settembre. Ma tutte le società lamentano la mancanza di spazi adeguati per i livelli a cui vogliono competere», ha proseguito Tomaello. Tanto che, nel corso degli anni, in diverse occasioni i club lagunari si sono dovuti trasferire a giocare lontano da Venezia: è il caso del Venezia ad esempio (a Portogruaro nel 2013/14 e a Ferrara nel 2021) ma anche della stessa Reyer (a Treviso-Villorba nel 2011/12) e del Calcio Mestre che ha dovuto giocare fuori città in Sere C nel 2017/18. «I contatti coi club sono costanti. Ovviamente, anche per loro una struttura nuova rappresenta un’opportunità. Chi prenderà la gestione dovrà poi investire ulteriormente per l’allestimento degli spazi».

Una partnership tra pubblico e privato in cui, ed è una rarità per impianti di così alto livello, sarà il pubblico a investire la cifra più rilevante: il progetto infatti vale 319 milioni di euro circa, di cui circa 90 milioni di fondi complementari al PNRR mentre il resto arriverà dall’avanzo del bilancio comunale e da mutuo. «Oggi molti privati vorrebbero investire, lo si vede in ogni città. Ma la realtà è che costruire stadi in Italia come privati è quasi impossibile: gli stadi finora realizzati sono frutto di partenariati pubblico-privati».

Uno dei punti di forza, anche a livello di immagine per l’opinione pubblica, è che non sono previste altre opere edilizie: «Non è quello il nostro core business. Il fatto che non ci siano altro, come hotel e centri commerciali, è sicuramente uno dei punti di forza. Anche perché il piano urbanistico prevedeva la possibilità di costruire 600mila mq di cemento e altre opere, ma noi abbiamo tolto questa possibilità e abbiamo investito sull’area verde». Che non sarà un verde fine a sé stesso, ma che prevederà playground, aree per famiglie, spazi per il gioco libero, in modo anche da far vivere la zona anche al di fuori dei giorni delle partite o degli eventi.«Le critiche, poi, ci sono sempre. D’altronde, non è un caso se a Venezia si parla di nuovo stadio da 70 anni. Ma fare meno cemento sicuramente è qualcosa che aiuta. Poi le critiche spesso si superano completando l’opera: già vederlo in costruzione sta suscitando molto interesse». E non sono mancati nemmeno i classici scontri con i vari comitati: «Anche noi abbiamo avuto un ricorso, che poi abbiamo vinto, ma è normale – prosegue -. Parlando anche con alcuni investitori emerge come i privati stranieri fatichino ancora di più: non sono abituati alla nostra burocrazia, ai nostri comitati di cittadini. La politica si spaventa e si ferma. Anche noi ci siamo dovuti fermare, ma poi siamo riusciti a ripartire di slancio. Immagino quanto possa essere difficile per un privato».

Il progetto, inoltre, ha avuto molto interesse anche in termini di progettazione e costruzione, con il disegno poi affidato allo studio Populous, che tra gli altri ha realizzato anche il nuovo Wembley. «Al bando hanno partecipato alcune tra le migliori aziende ingegneristiche e architettoniche e siamo molto contenti. Alla conferenza stampa, Massimo Maffeis, titolare-direttore di Maffeis Engineering ci ha detto “siamo felici di collaborare col Comune di Venezia: stiamo costruendo stadi da 120.000 posti in Marocco e alcuni stadi in Qatar, ma in Italia nemmeno uno. E siamo veneti”», ha raccontato il vicesindaco. «Il livello è alto, il progetto è bello: lo stadio avrà 18.500 posti. Qualcuno dice che sono pochi, ma è relativo: sarà uno stadio UEFA categoria 4, ovvero adatto a ospitare fino alle semifinali di Champions League. La tendenza internazionale è costruire stadi più piccoli e accoglienti, con più servizi. L’obiettivo è che sia sempre pieno».Uno dei temi sullo sfondo è anche quello del futuro dello stadio Luigi Penzo. «Ipoteticamente, se il Venezia lasciasse il Penzo, quell’area rimarrebbe comunque destinata allo sport. Immaginiamo di ripristinare una pista di atletica, che a Venezia manca, o di costruire una struttura sportiva per l’università. Lo stadio Penzo è un luogo a cui sono molto affezionato, io stesso sono abbonato da 15 anni. Al di là della scomodità soggettiva, ha però limiti strutturali oggettivi». Tant’è che già per la stagione 2024/25, il Comune ha fatto il massimo per far giocare il Venezia al Penzo: «È emozionante e unico, ma ha tre tribune prefabbricate, una tribuna coperta vincolata dalla Soprintendenza, ed è su un’isola: è logisticamente complicato. Abbiamo già raggiunto il massimo possibile col restauro fatto quest’estate per la Serie A: non era scontato riuscirci».

Un obiettivo, quello del nuovo stadio, che quindi ora sta diventando realtà. «Dopo 71 anni di attesa, costruire questo stadio significa dare una prospettiva alla città e ai cittadini: un luogo dove vedere partite, concerti, ma anche stare in famiglia. E serve anche alle società sportive, perché oggi il calcio deve essere sostenibile e un club deve avere spazi adeguati a fare business, altrimenti non sta in piedi. Se vogliamo tenere in piedi lo sport, dobbiamo lavorare sulle infrastrutture. Il privato ci ha provato, senza riuscirci. Dopo 71 anni, era giusto che lo facesse il pubblico», ha concluso Tomaello.

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