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·22 September 2024

Elkann, il giudice sull’eredità Agnelli: «Strategia per sfuggire al Fisco»

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Gli indagati «hanno dimostrato» e dimostrerebbero «propensione» e «capacità di sottrarre» all’erario ingenti parti del proprio patrimonio. Così il gip di Torino Antonio Borretta descrive i tre fratelli Elkann — John, Lapo e Ginevra — ai quali sono stati bloccati i conti correnti e i depositi titoli con un sequestro preventivo di 74,8 milioni, l’equivalente di quanto non sarebbe stato versato al fisco tra il 2015 e il 2019.

Stessa sorte per il commercialista Gianluca Ferrero (attuale presidente della Juventus, ma la società bianconera non è coinvolta nella vicenda) e per il notaio svizzero Urs Robert von Gruenigen: indicati tra i «professionisti» che avrebbero aiutato gli Elkann a elaborare il presunto «disegno criminoso volto a sottrarre un ingente patrimonio e i relativi redditi alle leggi successorie e fiscali italiane».


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Nelle quasi cento pagine del decreto – scrive Il Corriere della Sera – si ripercorrono tutti gli elementi che secondo i magistrati dimostrerebbero fin dal 2010 la residenza fittizia in Svizzera di Marella Caracciolo Agnelli, presupposto alla base dei reati contestati: la frode fiscale e la truffa ai danni dello Stato. In particolare, stando all’ipotesi d’accusa, gli indagati, con «costanza nel tempo», avrebbero realizzato una «strategia capillare, di volta in volta aggiornata e messa a punto, grazie alla collaborazione di professionisti» al fine di trovare strumenti finanziari per investire in società estere la propria disponibilità economica.

In sostanza, per il gip, ci sarebbe da parte dei fratelli Elkann una «propensione» a eludere il fisco, vista la possibilità di sfruttare conti esteri in Paesi a fiscalità agevolata e trust con sedi in paradisi fiscali. Nel decreto si fa riferimento a redditi di capitali (circa 116,7 milioni) nascosti al fisco, derivanti da attività finanziarie custodite da due trust con sede alla Bahamas. Il giudice individua nelle presunte «condotte fraudolente» il rischio che si possano disperdere i beni su cui potrebbe essere disposta la confisca.

Il gip, in sostanza, condivide l’impianto accusatorio dei pm e con esso il pericolo che gli indagati possano portare oltre frontiera il loro patrimonio, dove non sarebbe più aggredibile nell’ipotesi di una condanna. Da qui, il sequestro eseguito dai militari del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza.

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