Kickest
·17 novembre 2024
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·17 novembre 2024
Dal giugno del 2016, Gian Piero Gasperini ha cominciato un percorso di crescita sulla panchina dell’Atalanta che ha trasformato la società bergamasca da medio-piccola realtà provinciale a vincitrice dell’ultima edizione di UEFA Europa League. Un percorso che ci ha fatto scoprire e innamorare di diversi talenti in grado di comprendere il disegno tattico dell’allenatore.
Abbiamo provato a costruire la Top 11 dei calciatori che – negli ultimi 8 anni e mezzo – sono stati più determinanti per quanto espresso e rappresentato nell’Atalanta di Gasperini, inserendoli, ovviamente, nell’ormai canonizzato 3-4-2-1. Attenzione: l’esperimento può provocare gravi discordie.
Non è stato facile scegliere chi posizionare tra i pali. La Dea non ha ancora avuto un portiere di livello internazionale e non sappiamo se Carnesecchi lo diventerà. Ma sappiamo che Gollini, nel triennio 2018-2021, è stato uno dei migliori portieri della Serie A per riflessi e personalità palla al piede. Media di parate superiore al 70% e uno dei pochi in Italia ad aver neutralizzato un rigore a CR7. E tanto drip.
Ormai, purtroppo, è in fase calante, ma è stato uno dei fedelissimi del Gasp dal giorno zero e probabilmente il primo ad assimilare l’invasione dell’area nemica tra i movimenti naturali di un braccetto difensivo. Dietro, pulito; davanti, una costante di pericolosità: nella sua miglior stagione a livello produttivo, 2 gol (ma 3.3 xG!) e 6 assist in 33 presenze di Serie A.
Un solo anno a Bergamo, ma che anno. Difficile trovare altri centrali insormontabili come il Cuti nella Serie A 20/21: 214 duelli vinti su 368 (58.15%) e 112 contrasti aerei su 165 (67.88%). Ce lo ricordiamo per la grinta, per le maniere forti, ma soprattutto per la continuità in fatto di prestazioni eccellenti. Un peccato averlo salutato così presto.
È arrivato da poco ma è già imprescindibile per la difesa atalantina – e non poteva essere altrimenti. Il bosniaco è forse ciò che era sempre mancato nell’undici gasperiniano: un difensore mancino di esperienza internazionale. Non sarà prolifico in zona offensiva ma per leadership, marcatura e attenzione sui novanta minuti è insostituibile.
Come ignorare gli 8 gol e 15 assist della carriera italiana di Hans Hateboer? Con Davide Zappacosta, che, comunque, è a quota 9 e 9 con 92 presenze in meno. Al quarto anno in maglia nerazzurra, variando senza compromessi da sinistra a destra, sta dimostrando di essere come il vino.
Il giocatore con più presenze della gestione Gasperini: 246. E forse non basterebbero altrettante heatmap per spiegare l’importanza dell’olandese nel centrocampo (e, all’occorrenza, nella difesa) della Dea – tanto in fase di rottura quanto in quella di rifinitura (non sembra, ma ogni tanto va anche a bonus).
Sarà forse la scelta più discussa, perché implica l’esclusione di Koopmeiners, di Éderson e persino di un signore come Remo Freuler. Ma il croato, in un modo o nell’altro, c’è sempre: ordinato quando c’è da impostare, puntuale quando c’è da inserirsi, spietato quando c’è da segnare. 46 gol e 25 assist in maglia Atalanta (un gol o un assist ogni due partite) e mai meno di 5 reti in campionato (nella stagione 21/22 furono addirittura 13).
Ecco, invece, la scelta più facile. Con buona pace di Ruggeri, quella fascia non ha rivali. Robin Gosens, forse la più grande intuizione dell’epoca Gasperini, è stato una vera e propria macchina. 25 gol e 16 assist in 121 partite. Da esterno sinistro a tutta fascia. Sipario.
A fare da collante tra centrocampo e attacco non poteva che esserci l’uomo immagine della trasformazione atalantina. Il più immediato degli upgrade: all’arrivo del Gasp non era mai andato in doppia cifra; in un anno la raggiunge sia nei gol (16) che negli assist (10). Tre stagioni più tardi sarebbe arrivato, da capitano, a un passo dalla semifinale di Champions League.
Già, forse vi aspettavate Iličić. Per la classe, per i numeri, per la nostalgia. Non è stata una scelta semplice. Ma Ademola Olajade Alade Aylola Lookman ha segnato tre gol – uno più bello dell’altro – in finale di Europa League. Decisivo e costante.
Tra il 2018 e il 2020 è stato semplicemente ingiocabile. Buttava giù tutto: difensori, porte. Aveva un modo quasi erotico di fermarsi con la palla tra i piedi, sfidare con lo sguardo l’avversario, bruciarlo in pochi metri, per poi scaraventarla a rimorchio o sfondare la rete. E finché il fisico ha tenuto, funzionava. Il secondo miglior marcatore nella storia della Dea. Non poteva mancare.