Calcionews24
·8 giugno 2023
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·8 giugno 2023
Oggi Javier Mascherano compie 39 anni. In Italia abbiamo pensato più volte a lui perché era esattamente ciò che sembrava: un risolutore di problemi. Un giocatore che ad averlo avrebbe rappresentato la pietra angolare sulla quale edificare architetture solide e complesse. Detto in modo meno poetico, 7 anni e mezzo di Barcellona di grande livello si spiegano con questo difensore-centrocampista, centro di gravità permanente attorno al quale ruotava la squadra. Vedendolo muoversi in campo, sempre al posto giusto al pari di Xavi e Iniesta, sembrava che fosse tutto naturale. Che per lui fosse la cosa più semplice del mondo, quasi che in quel contesto ci fosse nato. E invece no, per stare in quella squadra da protagonista, per prendersi un pezzo di quella leadership diffusa che muoveva il complesso blaugrana, lui si era messo d’impegno per acquisire velocemente tutte le conoscenze necessarie. Lo ha raccontato tempo a TyC Sport, il suo primo approccio in Spagna, dopo essere partito dalla sua Argentina (River Plate) e passato in Brasile (Corinthians) e Inghilterra (West Ham e Liverpool): «Ho fatto una chiacchierata con Pep prima di firmare. Mi ha parlato della sua preoccupazione, mi ha specificato più volte che sarei stato un sostituto e di non volere problemi. Gli ho detto che ero lì per migliorare, per imparare, per essere in una squadra che avrebbe gareggiato per molti titoli. Nel primo incontro di persona, Guardiola mi disse subito che ero una riserva. Ed era vero. Il mio stile non era compatibile con quello che richiedeva lo stile di gioco del Barcellona, ma io mi sono ripromesso che mi sarei adeguato. E oggi posso dire che il miglior allenatore della mia carriera è stato Pep».
Quando Mascherano parla della sua carriera di calciatore, più volte si sofferma sul peso che hanno avuto i tecnici che lo hanno diretto.
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Ne parla come dei padri, come delle figure dalle quali non ha mai smesso di imparare e che avrebbe seguito se glielo avessero chiesto. Come Rafa Benitez. Se nel 2010 lo avesse voluto all’Inter, lui ci sarebbe andato.
Mascherano rivela: «Nel 2014 potevo andare al Napoli»
Se quattro anni più tardi lo avesse chiamato per diventare un giocatore del suo Napoli, avrebbe lasciato la Catalunya. É quasi divertente vedere che, colui che in campo è stato chiamato da tutti come El Jefecito, sia diventato un capo proprio per il rapporto che ha stabilito con chi comandava la squadra dalla panchina. Del resto, quante volte abbiamo sentito parlare di lui come di “un allenatore in campo”? Che non era una formula retorica, una definizione tanto per. Lo osservavi muoversi e ti regalava la sensazione di essere nel punto esatto dove teoria e pratica si incontrano per esprimere la saggezza del calcio. Da accompagnare con occhiate o gesti all’indirizzo dei compagni, affinché il movimento corale fosse il più sincronico possibile.
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Ovviamente, non appena si fa un passo di lato e si inizia a diventare realmente allenatori, iniziano i problemi. Una volta appese le scarpette al chiodo, Mascherano è stato nominato selezionatore dell’Argentina Under 20. La prima esperienza al Sudamericano Sub-20 è stata negativa e lui, uomo fedele ai suoi principi, si è dimesso. Richiamato per il Mondiale di categoria organizzato in patria, l’Albiceleste è stata eliminata agli ottavi di finale dalla Nigeria. Colpa di due errori difensivi e Olé ha messo in prima pagina i suoi ragazzi in lacrime per come è andato in fumo il sogno di ripetere quanto fatto dai più grandi in Qatar. «Fa male nella pancia, nell’anima, nell’orgoglio giovanile», ha scritto Diego Paulich, bocciando il Commissario Tecnico che non ha emulato l’impresa di Lionel Scaloni. Contestandogli ciò che probabilmente da giocatore nessuno avrebbe mai osato rinfacciargli: avere impiegato «troppo tempo per apportare le modifiche quando la squadra mostrava già segni di usura» e non avere saputo proteggere «il punto debole dell’Argentina quando la Nigeria l’ha attaccata».
Qualcuno, a suo tempo, aveva ironizzato sulle regole che aveva fatto affiggere nello spogliatoio. Invece, non è male dargli un’occhiata, non bisogna necessariamente essere giovani calciatori per ritenerle utili: 1) Svolgere tutti i compiti. 2) Imparare l’inglese. 3) Leggere i libri in aeroporto. 4) Pulirsi le proprie scarpe. 5) Non farsi servire da mangiare, ma prendere il cibo da soli. 6) Rimettere i piatti a posto dopo aver mangiato. 7) Lasciare gli spogliatoi puliti. 8) Partecipare ai corsi di comunicazione.