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Damiano Benzoni·6 ottobre 2022

🎙Esclusiva OF | Sorrentino: il debutto, il Chieri, la maglia di Maradona…

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Stefano Sorrentino, ovvero il portiere che contro la vostra squadra faceva sempre la partita della vita. Tredici stagioni in Serie A tra Torino, Chievo e Palermo, uno dei migliori para-rigori del campionato italiano – chiedere per referenze a un certo Cristiano Ronaldo. Ora si sta reinventando come presidente di un club, il Chieri, nella Serie D piemontese, con l’aiuto del padre Roberto Sorrentino, anche lui ex portiere, in qualità di allenatore della prima squadra. Ci ha raccontato questo e tanto altro in un’intervista esclusiva.

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Il Torino è stata la squadra con cui hai esordito in Serie A, nonostante venissi dalle giovanili della Juventus…


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Ero nel campionato Primavera e la Juventus mi scartò perché secondo le loro relazioni non avrei fatto carriera. Volevano darmi a una squadra di Eccellenza vicino a Cuneo, ma dissi di no perché sapevo che nel momento in cui mi avessero scartato, il Torino mi avrebbe preso per fare il terzo in prima squadra e il titolare in Primavera. Fu Guglielmo Gabetto, che purtroppo è mancato proprio stamattina all’età di 80 anni, a portarmi a Torino.

Il settore giovanile del Torino è sempre stato molto forte, basti pensare che in quegli anni siamo passati io, Pinga, Quagliarella, Balzaretti, Comotto, Mezzano… ti fa capire quanto il Torino andasse a investire nel settore giovanile, ed è stata la mia fortuna. Una bocciatura ti può cambiare la vita, e a me l’ha cambiata in positivo, visto che col Torino ho debuttato in Serie B e in Serie A. Sono grato al Torino, e rimane sempre una parte del cuore granata.

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Sei dalla scorsa primavera presidente del Chieri nella Serie D nell’hinterland torinese. Perché hai fatto questa scelta e perché hai scelto proprio il Chieri?

La passione a volte ti spinge a fare cose che non immagineresti mai. Conoscevo la squadra perché nell’anno in cui ho smesso di giocare, non avendo trovato squadra, per un paio di mesi mi sono allenato da loro. Ero alla ricerca di un centro sportivo, perché avevo tante idee, e un amico mi disse che il Chieri avrebbe voluto parlarmi.

Inizialmente mi sono detto: “No, è troppo grande per me, non sono ancora pronto per un passo del genere”. Una squadra di Serie D, un campionato difficile, più di 300 iscritti, un impianto sportivo all’avanguardia. I primi appuntamenti li ho fatti a inizio marzo e il giorno del mio compleanno, il 28 marzo, ho firmato il passaggio di proprietà.

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Che obiettivo ti sei dato?

Nell’immediato abbiamo fatto quasi 100 iscritti in più, ad oggi il Chieri ha circa 450 iscritti. Quest’anno l’obiettivo è fare un punto in più dell’anno scorso, vorrebbe dire già migliorarsi e gettare le basi per il futuro. Come obiettivo nei cinque anni c’è quello di salire tra i professionisti. Per il settore giovanile ho scelto di investire nel prendere dirigenti che non siano genitori dei ragazzi, cosa che di solito avviene nelle categorie dilettantistiche, ma per evitare fraintendimenti e tensioni ho investito su dei dirigenti esterni e l’idea qua è piaciuta molto.

È un’esperienza stimolante, entusiasmante, piena di responsabilità, ma per chi come me accetta le sfide, per chi come me ha gli occhi della tigre… non mi spaventa, anzi, sto cercando di inculcare la mia mentalità a tutti i ragazzi. Tutti i giorni vado a Chieri, sono presente, loro sanno che i miei occhi ci sono sempre e che sono sempre disponibile per ogni problematica.

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L’allenatore della prima squadra è tuo padre, che è stato tuo allenatore nelle ultime esperienze di calcio giocato, ma anche un’ispirazione essendo stato a sua volta portiere…

È chiaro che entrando e cambiando circa il 95% delle persone che ci sono nel Chieri, chi meglio di mio padre, con 30 anni di esperienza e più di 500 panchine tra professionisti e dilettanti in Italia e all’estero, per guidare la nostra panchina? Ci confrontiamo, parliamo tutti i giorni, ho piena fiducia in lui e nel suo staff. Io non metto bocca, non chiedo neanche la formazione: la vedo solo quando arrivo allo stadio. Sono tranquillo perché so che persona è e che allenatore è, e questo mi permette di dedicarmi di più al settore giovanile.