PianetaSerieB
·20 febbraio 2025
ESCLUSIVA PSB – Beltrame: “Ricorderò Bari per sempre. Modena? Fu una stagione complicata. Ecco perché ho scelto gli Emirati Arabi”
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·20 febbraio 2025
Fernando Birri, incommensurabile regista (e tanto altro) argentino, nel corso di un incontro con alcuni studenti all’Universidad de Cartagena, nella bellissima città colombiana di Cartagena de Indias, diede probabilmente la miglior definizione circa l’utilità dell’utopia (in una risposta spesso ed erroneamente attribuita a Eduardo Galeano, anch’egli presente in quell’occasione). A cosa serviva, essendo collocata nell’orizzonte e, di conseguenza, non raggiungibile? “A camminare“. Sommando passi, percorrendo itinerari, pur non raggiungendo mai la linea tratteggiata tra il mare e il sole si ha la contestuale possibilità di macinare vita. Ecco, pur non potendo noi conoscere il suo obiettivo più utopico, Stefano Beltrame di passi ne ha fatti tanti, a tal punto da poter – oggi – essere considerato un raccoglitore di esperienze umane, con il calcio come combustibile per continuare questo viaggio multicolore. Fresco di approdo negli Emirati Arabi Uniti, il duttile trequartista, ex enfant prodige del settore giovanile della Juventus (tra l’altro presente nella rosa Campione d’Italia 2012/2013, coronata con l’esordio in Serie A su gentile concessione di Antonio Conte), è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni.
La prima domanda non può che riguardare l’ultimo aggiornamento nella tua variopinta carriera: come mai la scelta degli Emirati Arabi e, soprattutto, che vibrazioni hai avvertito dopo questi primi giorni?
“Ho fatto questa scelta perché in Italia non vedevo sbocchi. Terminata la sessione estiva di calciomercato, al mio procuratore avevo chiaramente espresso il desiderio di tornare a casa dopo tanti anni, così da trovare più stabilità e dimostrare il giocatore che sono diventato. Mi sarebbe piaciuto, ma il calcio in Italia per Beltrame sembra essere finito. Dopo tanti anni all’estero, ho la percezione che i direttori e le persone preposte non abbiano più fiducia nei confronti del sottoscritto, come se fossi sparito dai radar. È arrivata quest’opportunità, ho aspettato perché, ribadisco, cercavo il ritorno in Italia, ma in assenza di possibilità concrete ho deciso di intraprendere questo viaggio in un mondo che è in continua evoluzione, perché secondo me sono entrato nel mercato del futuro. Le squadre stanno investendo tanto, i centri sportivi poco a poco diventano sempre più notevoli e tanta gente dall’Europa, che siano calciatori, preparatori o allenatori, sta approdando qui”.
Immergiamoci in maniera netta e rapida nel passato, a cominciare da Bari. Sarebbe probabilmente superfluo e soporifero addentrarci nei discorsi di campo, dunque potremmo porre il focus sui tuoi ricordi umani e ambientali, ora che questa tappa è da tempo nel tuo archivio di vita.
“È stata una stagione incredibile. Ricorderò per sempre l’anno con il Bari. Ho trovato una famiglia, è stata una delle poche volte dove tutti erano pronti a sacrificarsi per il compagno. Si lottava tutti insieme per centrare gli obiettivi, c’era grande compattezza in campo e fuori. Pur avendo avuto alcune difficoltà societarie siamo arrivati a sfiorare il miracolo Serie A, una cosa irrealizzabile senza un gruppo sano e coeso. Cosa dire, poi, della gente? Se ci penso mi viene ancora oggi la pelle d’oca. È stato tutto così emozionante. Ero un ragazzino alla prima esperienza nel calcio dei grandi, forse non ho inciso in campo quanto avrei voluto: non era più la Primavera, forse pensavo che tutto mi fosse dovuto e, di conseguenza, presi il processo un po’ sottogamba. Ho fatto un po’ di fatica, ma la gente di Bari ha un bel ricordo di me, questa è una cosa alla quale tengo tanto”.
La stagione successiva la vivi in quel di Modena: qualche turbolenza, un rendimento non lineare, ma la salvezza comunque conquistata, seppur attraverso i playout.
“Modena è stata una parentesi più complicata. La stagione fu decisamente impegnativa a livello emotivo e psicologico. Quell’anno, tra l’altro, fui costretto a convivere con la pubalgia, che minò la mia condizione fisica. Parliamo di una grandissima piazza, che nella stagione precedente sfiorò la Serie A. Mi fa male pensare al fatto che lì, forse, la gente non mi ricordi come a Bari, ma la stagione fu difficile a livello personale e non ero concentrato al 100% sul campo. Cominciai molto bene con Novellino, purtroppo poi l’evoluzione è stata diversa. Ancora oggi è un dispiacere che porto con me”.
Saltiamo alla tua parentesi vissuta con la Juventus Next Gen: quella rosa era di indiscutibile livello, come il tempo ha poi dimostrato, e avevi tanti compagni ora in Serie B: Touré, Beruatto, Ranocchia, Brunori con cui però ti sei solo sfiorato (Beltrame andò via a gennaio e l’attuale attaccante del Palermo arrivò in quel di Torino), così come Portanova e Zanimacchia. Hai un ricordo particolare di qualcuno di questi?
“Tornai alla Juventus dopo una stagione incredibile in Olanda, con numeri davvero importanti. Era il primo anno della Next Gen, la rosa era davvero ampia e forte, in tutti i ruoli c’erano calciatori importanti. Ero tanto legato a Muratore e Clemenza, con cui sono ancora in contatto, ma se dovessi citare altri calciatori la scelta ricadrebbe su Touré e Dany Mota. Potenza fisica, tecnica, avevano tutto”.
Stefano, ci avviamo alla fine e, col tuo permesso, chiuderei accendendo la luce sul tuo percorso. Siamo portati a gonfiare di meriti storie costellate da successi sportivi, trofei, record e numeri innalzati all’altare degli dei. Potremmo, e dovremmo, considerare che è possibile un’altra via, quella che alle soddisfazioni statistiche abbina la crescita personale e il riempimento del bagaglio di vita e ricordi. Tu, a detta del sottoscritto, sei un’assoluta esemplificazione del concetto, dato che tra qualche anno potrai parlare di persone, culture e contesti oltre che di gol, assist e pezzi di latta.
“Complimenti per la domanda. Sono pienamente d’accordo. Avevo ventidue anni quando sono andato via dall’Italia, e nel corso delle tre stagioni vissute in Olanda ho imparato l’inglese, conosciuto persone e visto il calcio al di fuori dei nostri confini, una cosa che fino a poco prima mai avrei pensato. Sto vivendo sulla mia pelle che è sbagliato pensare che il calcio sia solo il nostro: ho giocato in Olanda, disputato l’Europa League con i bulgari del CSKA Sofia, vissuto la Primeira Liga portoghese, una lega importantissima con squadre blasonate, vinto il campionato indonesiano con il Persib, con un milione e mezzo di persone ad accompagnarci durante i festeggiamenti. Sommare tutte queste esperienze mi ha fatto crescere: oggi parlo inglese, portoghese, un po’ di olandese, ma ho inoltre incrociato culture, modi di stare al mondo, persone di ogni sfaccettatura. Non posso che parlare bene dei posti in cui sono stato, per quanto ovviamente non sia stato facile. Faccio l’esempio proprio della tappa indonesiana, dove mi sono ritrovato dall’altra parte del mondo, da solo, in un posto comunque serve tempo per ambientarsi. Ciononostante, ho beneficiato di un gruppo e uno staff che mi hanno aiutato tantissimo. Qui negli Emirati Arabi è ancora più diverso, ma anche qui sono stato accolto benissimo. Sono a Masfout, un’ora e dieci da Dubai, e non c’è molto da vedere, però sto conoscendo belle persone con cui condividere la quotidianità”.
Sotto un aspetto meramente sportivo, credi che ci sia una sliding door nella tua carriera?
“Forse dopo l’ultimo anno in Olanda sarei dovuto restare lì. C’era la possibilità di approdare in Eredivisie, ma alla fine sono tornato alla Juventus per giocare con la Next Gen. Probabilmente l’unico dubbio che ho è quello, avrei dovuto spingere un po’ di più con la Juve, impuntarmi e sottolineare quanto volessi restare lì. La scelta molto forte fatta qualche anno dopo di andare in Indonesia ha un po’ la stessa ratio di quella che mi ha ora portato negli Emirati Arabi: desideravo l’Italia, ma dopo aver aspettato ho fatto ovviamente prevalere il desiderio di giocare. Ciò mi ha poi portato a vincere il campionato con il Persib, una cosa che non è facile in nessun posto”.
Chi è, oggi, Stefano Beltrame e cosa immagina per il suo futuro?
“Oggi Stefano Beltrame non è più il ragazzino uscito dalla Primavera, ma è un uomo con un bagaglio molto grande di esperienze, tanto positive quanto negative. Il mio obiettivo, ora che sono entrato in questo mercato, è non uscire. Voglio approdare nella massima serie locale (il Masfout è in seconda divisone, ndr) già a luglio e giocare qui, mettendo al contempo le basi per la mia vita futura, perché ho trentadue anni e non si può pensare di giocare fino a cinquanta”.
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