Footbola
·12 agosto 2019
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·12 agosto 2019
Laureandosi campione di Grecia nel maggio 2018, interrompendo una striscia di sette successi dell’Olympiakos, l’AEK aveva in qualche modo attirato su di sé una marea di aspettative. Sembrava che il titolo strappato in volata al PAOK e soprattutto ai biancorossi ultimamente onnivori potesse segnare l’inizio di una nuova era. Il presidente Dimitris Melissianidis aveva peraltro annunciato nell’estate 2017 l’inizio dei lavori per il nuovo stadio di Nea Filadelfia, ottenuti i permessi necessari che da oltre un decennio non erano stati concessi per vari motivi. In estate comprensibilmente v’erano stati addii, lo stesso mister Manolo Jiménez aveva lasciato Amarousio, ma che oggi la situazione potesse capovolgersi era abbastanza difficile da credere. Galvanizzato dal primo campionato in 24 anni, l’AEK è ripartito da Marinos Ouzounidis ma s’è prontamente trasformato in un’ombra di sé stesso. Oggi alla guida dell’Aquila bicipite il portoghese Miguel Cardoso è chiamato a ristabilire l’ordine, ma l’impresa pare già ardua.
La tenuta psicologica è presto crollata, la motivazione è stata soppiantata da una crescente disillusione in campo europeo e lo stesso Melissianidis è parso rifiutarsi a effettuare massicci investimenti per migliorare il parco giocatori. Le sconfitte più dolorose contro le dirette concorrenti (0-2 contro il PAOK, stesso passivo subito contro l’Atromitos) hanno lasciato un amaro in bocca solo parzialmente lenito dai successi contro OFI Creta, Apollon Smyrnis e Aris Salonicco. A novembre, l’ambiente giallonero era già a soqquadro: Ouzoundis contestato, senatori della squadra attaccati (Barkas, Lampropoulos, Simões, Mantalos e Livaja su tutti) e un’insolita cupezza su Atene. Non basta attaccarsi alle partenze – Vranjes, Christodoulopoulos, Araujo – o a un crollo puntuale verso la fine delle partite. Si parla di questioni tattiche (Jiménez aveva più duttilità, Ouzounidis pareva voler insistere sui suoi dogmi), errori individuali e poche note positive rispondenti ai nomi di Klonaridis, Hult, Galanopoulos e Ponce. Addirittura, prima della partita contro il Bayern Monaco in Champions League, avvenne una rissa tra Uros Ćosić e Niklas Hult, il che la dice lunga.
Il paradosso è che anche chi ha lasciò l’AEK in estate sembra esser coinvolto in una notevole involuzione. Si parte proprio da Manolo Jiménez, che a Las Palmas ha pagato il pessimo inizio di stagione con l’esonero il 16 novembre 2018. Affondato alle Canarie è pure Sergio Araujo, idolatrato dai tifosi gialloneri ma pressoché nullo in Segunda División (tre reti e due assists in 13 presenze). Col nuovo tecnico Paco Herrera è finito fuori dal progetto, dietro a Rubén Castro e Tomás Pekhart, pure per qualche problema fisico. A Lazaros Christodoulopoulos non venne invece perdonato il tradimento sotto forma di trasferimento a costo zero all’Olympiakos, dove l’ex Verona e Bologna ha regalato magie (la rovesciata al Dudelange in primis) ma la sua forma fisica è in calo e Pedro Martins non ha problemi a preferirgli i vari Podence, Fetfatzidis, Nahuel e Masouras arrivato dal Panionios.
La lista continua con lo svedese Jakob Johansson, assente praticamente per l’intera scorsa stagione a causa dell’infortunio al legamento crociato anteriore – patito nel ritorno del playoff contro l’Italia a San Siro – che l’ha pure costretto a guardare da casa i compagni volati in Russia. Il biennale firmato in estate col Rennes vede il 28enne poco impiegato (soli 337’) ma con la speranza di poter rientrare più spesso tra i titolari. Idem per Giannis Anestis, che aveva cominciato la scorsa stagione da titolare nell’AEK prima di rifiutare il rinnovo di contratto nel dicembre 2017. Ostracizzato e messo fuori rosa, s’accordò con l’Hapoel Beer Sheva in estate ma, svincolato dopo uno 0-5 malamente subito dalla Dinamo Zagabria, ora Anestis è all’IFK Göteborg.
Ognjen Vranjes sarebbe rimasto all’AEK se l’Anderlecht non avesse offerto 3,2 milioni per portarlo in Belgio. Qui però il difensore bosniaco ha sbagliato approccio e su Instagram ha sostenuto i suoi ex tifosi dell’AEK quando lanciarono una molotov ai rivali dell’Ajax, subendo un’ondata di critiche dai tifosi dell’Anderlecht che ne chiesero la cessione poi avvenuta: ritorno ad Atene. Chiosa finale con Adam Tzanetopoulos, trasferitosi in estate all’Apollon Smyrnis a parametro zero (poche partite da titolare e un velo di sopravvalutazione), ma pure con Panagiotis Kone che, a 31 anni, è attualmente senza squadra dopo aver lasciato Atene. Ora potrebbe accasarsi in Australia confermando, a questo punto, la tendenza al peggioramento che in molti – una volta lasciata Amarousio – stanno avvertendo.
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