Calcio Africano
·30 agosto 2019
Calcio Africano
·30 agosto 2019
Sulle panchine delle nazionali africane soffia forte il wind of change. Per rendersene conto basta gettare lo sguardo in casa delle 24 partecipanti all’ultima Coppa d’Africa: a poco più di un mese dalla chiusura della rassegna egiziana 13 di loro, infatti, hanno già voltato pagina, affidandosi ad un nuovo timoniere o quantomeno salutando per vari motivi quello precedente.
Tra le vittime più illustri ci sono l’ex milanista Clarence Seedorf, silurato in diretta tv dal ministro dello Sport camerunese Narcisse Mouelle Kombi ancor prima dell’ufficialità dell’addio, e il nigeriano Emmanuel Amunike, coach della Tanzania la cui testa è stata la prima a rotolare, addirittura a torneo ancora in corso.
Ancora più particolare il caso del belga Paul Put, esonerato dalla Guinea non solo per gli scarsi risultati sportivi, ma anche perché accusato di aver infranto il codice etico della federazione, facendo la cresta sui premi distribuiti allo staff. Lui si è sempre professato innocente, ma la commissione etica della federazione non ha voluto sentire storie, radiandolo a vita dal calcio guineano.
Non è, comunque, la prima volta che Paul Put finisce nei guai: nel 2008 era stato condannato ad una squalifica di 3 anni per match-fixing in seguito ad un’inchiesta della federazione belga, mentre a febbraio una giovane ragazza guineana lo ha accusato di averla messa incinta, iniziando una lunga battaglia legale per il riconoscimento del bambino.
Il suo connazionale Hervé Renard, un guru del calcio africano con all’attivo due trionfi in Coppa d’Africa, ha fatto lo stesso, lasciando il carro del Marocco e salendo su quello dell’Arabia Saudita all’indomani della clamorosa eliminazione agli ottavi di finale con il modesto Benin.
I Leoni dell’Atalante, comunque, non si sono fatti trovare impreparati, affidando le chiavi della nazionale a Vahid Halilhodžic. Il tecnico bosniaco, liberato dai francesi dal Nantes, conosce bene l’universo calcistico marocchino ed ha promesso di restituire centralità ai giocatori locali, quelli del Botola Pro, annunciando su questa questione un profondo cambio di filosofia rispetto all’era Renard: “Negli ultimi anni i club marocchini hanno spesso raggiunto semifinali e finali delle competizioni Caf. Questo vuol dire che il campionato è molto competitivo“.
Sarà, invece, l’autoctono Mondher Kebaïer a raccogliere il testimone della Tunisia dal francese Alain Giresse, oggetto di critiche per i numerosi dissidi con i membri del suo staff e ritenuto non idoneo a sviluppare un’idea di calcio propositiva e appagante. Una scelta, quella di dare credito agli allenatori locali, condivisa da Uganda, Angola, Kenya, Zimbabwe, Sudafrica e Repubblica Democratica del Congo, anche se si tratta perlopiù di tecnici ad interim, destinati in molti casi a cedere il posto allo “stregone bianco” di turno.
A caccia di un tecnico in pianta stabile e con un curriculum solido alle spalle, inoltre, ci sono anche Guinea, Camerun, Tanzania e Namibia, ma il rebus più complesso da decifrare sembra essere quello legato all’Egitto.
La stele di Rosetta, in questo caso, potrebbe fornirla la Fifa. Allo scopo di portare ordine e stabilizzare la federazione egiziana, ancora scossa dal terremoto istituzionale innescato dalla sorprendente eliminazione con il Sudafrica (con tanto di dimissioni del presidente Hani Abou Rida ed esonero dell’allenatore messicano Javier Aguirre), il massimo organismo del calcio mondiale ha preso di petto la situazione, favorendo al Cairo l’insediamento di un comitato normalizzatore per la durata massima di un anno. Per conoscere il nome del nuovo mentore di Salah e compagni, insomma, bisognerà ancora pazientare.
Articolo apparso originariamente su Nigrizia
Credits Copertina ©VOA Afrique Foto 1 ©The National