Onore al Bologna che perde e non piange, finale durissimo ma tutto è possibile. Mancare l’Europa sarebbe un enorme dispiacere, non un fallimento | OneFootball

Onore al Bologna che perde e non piange, finale durissimo ma tutto è possibile. Mancare l’Europa sarebbe un enorme dispiacere, non un fallimento | OneFootball

Icon: Zerocinquantuno

Zerocinquantuno

·14 aprile 2025

Onore al Bologna che perde e non piange, finale durissimo ma tutto è possibile. Mancare l’Europa sarebbe un enorme dispiacere, non un fallimento

Immagine dell'articolo:Onore al Bologna che perde e non piange, finale durissimo ma tutto è possibile. Mancare l’Europa sarebbe un enorme dispiacere, non un fallimento

Premessa doverosa e purtroppo dolorosa: ieri il Bologna ha perso un match chiave in ottica Champions League e l’ha fatto nel modo peggiore, ovvero non da Bologna. Non da Bologna degli ultimi tempi, che poi non sono tanto ‘ultimi’ ma a grandi linee arrivano fino all’inizio della gestione Motta: da circa tre anni a questa parte, prima con lui e poi con Italiano, ci siamo abituati bene, benissimo. Inutile negarlo, ogni volta ci aspettiamo di vedere all’opera una squadra dominante o quasi, capace di fare la voce grossa praticamente contro chiunque. E quando ciò non accade, la mazzata è doppia. Sia chiaro, la Champions non era e non è l’obiettivo principale del club: si è sempre parlato genericamente di Europa con la piena consapevolezza che ripetere l’exploit della scorso campionato, specie con uno slot qualificazione in meno, sarebbe stato difficilissimo. Però, una volta arrivati in quella zona con pieno merito, è normale che la voglia di sentire ancora quella musichetta ti venga, e adesso dispiace vedere un’Atalanta non scintillante a +4 e una Juventus traballante, seppur un po’ sistemata dalla cura Tudor, a +2. E subito dietro Lazio, Roma, Fiorentina e persino Milan non corrono ma nemmeno mollano, anzi. Le ultime due sconfitte del BFC prima di ieri erano arrivate sì per mano di avversarie nettamente inferiori ma in modo ben diverso: dominio, spettacolo ed errori individuali contro il Verona; dominio, difficoltà nel trovare il varco giusto e direzione arbitrale deleteria a Parma. Al Gewiss Stadium, invece, i rossoblù hanno approcciato male la gara, hanno incassato due gol da squadra di bassa classifica, non hanno mai palesato il consueto furore agonistico (marchio di fabbrica del calcio di Italiano) né dato mai l’impressione di poter riaprire la contesa o addirittura rimontare, come accaduto altre volte. Le attenuanti però ci sono, le rimarchiamo noi facendo un plauso al nostro mister per non averle sbandierate (mentre altrove si piange per ogni minimo problema). Innanzitutto, a Bergamo mancavano quattro quinti di un’ideale spina dorsale composta da Skorupski, Beukema (unico presente), Ferguson, Odgaard e Castro, oltre alla verve di Calabria e alla prepotenza di Holm (entrato ma non al meglio) sulla fascia destra. Un po’ troppo, specie se di fronte hai una delle compagini più forti e veementi del campionato, crisi di risultati o meno. E poi il calendario, semplicemente folle nella sua casualità, perché è vero che «tanto bisogna affrontarle tutte» ma un tale filotto di scontri diretti (per di più a fine stagione, con in mezzo pure una doppia semifinale e una probabile finale di Coppa Italia) rischia di prosciugarti il serbatoio delle energie psicofisiche. Va detto che perdere contro certe avversarie, specialmente fuori casa, non è un delitto, il problema è che ora il Bologna si trova nella condizione in cui da qui al 25 maggio può sbagliare poco o nulla. A tal proposito, la mente non può che tornare all’inizio del percorso, quando il cambio di allenatore e il passaggio da un tipo di calcio ad un altro, unito alla sostituzione di vari elementi cardine della formazione titolare, ha richiesto un inevitabile periodo di rodaggio, con annessi punti gettati alle ortiche (Udinese, Empoli, Como, Parma e Genoa sono 5 pareggi che ancora gridano vendetta). Per lo stesso identico motivo i felsinei hanno salutato anzitempo la Champions, a testa altissima ma non senza rimpianti. I suddetti elementi, mescolati insieme, possono quindi generare un duplice scenario: da un lato il Bologna, magari con qualche rientro importante, torna ad essere già dalla domenica di Pasqua contro l’Inter il solito Bologna e malgrado gli ostacoli dà vita ad un finale di stagione sulla falsariga di quanto mostra sinora (media punti 1,78, proiezione sui 67-68 e piazzamento europeo molto probabile, senza dimenticare il ‘jolly’ Coppa Italia); dall’altro il Bologna, a maggior ragione se l’infermeria tardasse a svuotarsi, cala quel tanto che basta a scivolare fuori dalle prime sei-sette posizioni e non giocarsi al 100% la finalissima del 14 maggio a Roma. Nell’ipotesi positiva sarebbe opportuno scendere di nuovo in piazza a celebrare Italiano, i suoi ragazzi e tutto il club, Champions League o meno. Se poi si alzasse pure al cielo un trofeo… Qualora invece si materializzasse l’ipotesi negativa, si dovrebbe gestire una delusione equiparabile a quella del 2002, perché è innegabile che arrivati (con pieno merito, lo ribadiamo) a questo punto sarebbe un enorme peccato rimanere a bocca completamente asciutta. In tal caso, però, guai a ragionare di pancia o peggio e a parlare di fallimento: resterebbero intangibili il gioco, le emozioni, la crescita del parco calciatori e dell’intera società, il ciclo aperto e futuribile con un ottimo tecnico, un percorso sportivo sano, solido e coerente. Avercene, di ‘fallimenti’ così.

Visualizza l' imprint del creator