DirettaCalcioMercato
·5 marzo 2025
Pizzul, la voce che ha accompagnato grandi e piccoli: i momenti più iconici in più di 30 anni di carriera

DirettaCalcioMercato
·5 marzo 2025
La scomparsa di Bruno Pizzul segna un addio doloroso a una delle figure più iconiche del giornalismo sportivo italiano: vediamo alcuni dei momenti rimasti incisi nelle pagine di storia di questo sport.
La sua voce, capace di raccontare il calcio con una grazia unica e senza mai essere invadente, ha accompagnato intere generazioni di tifosi, diventando una colonna portante del racconto sportivo. Le sue parole, sempre misurate e precise, trasmettevano l’emozione del calcio in modo sobrio, ma al contempo profondo, facendo vivere ogni partita come un’esperienza collettiva. Con il suo celebre “Signori all’ascolto, buonasera…”, Pizzul non era solo un telecronista, ma un narratore che entrava nelle case degli italiani, creando un legame indissolubile tra lui e il pubblico. Era l’incarnazione di un calcio che non aveva bisogno di fronzoli, ma solo di passione e competenza. Il suo stile elegante e rassicurante, mai sbandierato o invadente, ha reso ogni sua telecronaca unica e indimenticabile.
Cinque Mondiali, quattro Europei, e mille emozioni condivise con milioni di italiani: il suo nome rimarrà per sempre legato ai momenti più alti della storia del calcio, e il suo ricordo vivrà nella memoria di chi, attraverso la sua voce, ha vissuto il calcio come un’esperienza collettiva e profondamente emozionante. Bruno Pizzul ha saputo raccontare il calcio come un’arte, facendo di ogni partita una storia da raccontare con il cuore, senza mai perdere di vista la competenza e la sobrietà che lo hanno contraddistinto. La sua grandezza è sempre stata inequivocabile, rimasta tale anche nei momenti calcisticamente più drammatici della storia della Nazionale italiana.
Un maestro della telecronaca per uno che questo mondo non lo amava poi così tanto quando aveva meno di trent’anni e giocava a calcio come professionista, come ha raccontato in qualche intervista. Eppure, questa professione gli è calzata a pennello sin da subito, divenendo ben presto una voce inconfondibile che ha segnato generazioni di ragazzi e di uomini che hanno trovato una certezza di telecronaca limpida e sincera in lui.
“Partiti” diceva semplicemente al fischio d’inizio. E, ancora, “Palla a Roberto, poi Dino, Dino-Roberto-Dino” quando i due Baggio fraseggiavano a Usa ’94. “Robertobaggioooo” “e segna al 42esimo del secondo tempo“, “tutto molto bello”, “Ed è gol” sono frasi celebri passate alla storia, senza fare ricorso a chissà quali artifici retorici. Ancora “Eeeeh quelli del Milan si trovano a meraviglia”
E ancora “Eccezionale prodezza. Ci lascia di stucco. Savićević incredibile” nella partita di Coppa dei Campioni tra Milan e Barcellona.
La sua pronuncia di nomi come “Baggio” non era solo una parola, ma un invito alla grandezza. La “B” allungata e perfetta era come una spinta emotiva che incitava il campione a tentare la giocata, a compiere quell’azione che avrebbe potuto decidere il destino di una partita. Non era solo una telecronaca: era una danza vocale che seguiva il movimento di ogni giocatore, una sinfonia che accompagnava il ritmo del dribbling, la scelta del tiro, fino all’esplosione del gol. Quel “Baggio”, ripetuto con maestria, diventava un momento iconico, quasi una magia che rimaneva impressa nella mente di chi ascoltava. Non era una semplice sequenza di parole, ma una narrazione visiva che prendeva forma attraverso la voce.
Pizzul aveva la capacità di raccontare l’azione senza mai sovraccaricarla, lasciando che il gioco si raccontasse da solo, ma accompagnato da quella voce che era ormai parte integrante di ogni partita. La sua telecronaca diventava un rito, e quel virtuosismo vocale era tanto mitico quanto popolare, tanto che i bambini in strada lo imitavano con la stessa passione e intensità con cui il grande Pizzul lo faceva in televisione.