Calcionews24
·25 marzo 2020
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·25 marzo 2020
Marteen Stekelenburg e Mauro Goicoechea. Solo a sentire nominare questi due nomi, qualsiasi tifoso della Roma è percorso da un brivido di paura lungo la schiena. Entrambi rappresentano due dei più grandi fallimenti di Walter Sabatini e più in generale della società giallorossa. Se per il secondo i dubbi sono sempre stati vivi, per il primo la delusione è stata raddoppiata dalle aspettative. L’olandese arriva nella Capitale, dall’Ajax, con enorme consenso e appena un anno dopo la finale mondiale giocata in Sudafrica con l’Olanda. Il parere è unanime: finalmente un portiere di livello.
Niente di più sbagliato. Il classe ’82 soffre terribilmente l’ambientamento con la realtà diversa da quella olandese e non regala mai sicurezza al reparto. Inoltre, uno scontro di gioco con Lucio in un Inter-Roma, lo mette fuori gioco per diverse settimane minando ulteriormente le sue sicurezze. Disputa l’intera stagione da titolare, ma senza successo. L’anno dopo, con l’approdo di Zeman in panchina, è tempo di un nuovo cambio in porta.
E così dal Danubio arriva Mauro Goicoechea. Il motivo? Facile da ricordare ai più: espressa richiesta dell’allenatore ceco, ammaliato dalla sua capacità di giocare con i piedi. Della capacità tra i pali, nessuna menzione. Dal 31 ottobre 2012 al 1° febbraio 2013. Questo è l’arco in cui adopera l’uruguaiano, in maniera disastrosa, nella porta della Roma. In un derby del novembre 2012 compie un paperone su una punizione di Candreva: preludio a quello che sarebbe accaduto pochi mesi dopo. Proprio l’uno febbraio, in una gara casalinga contro il Cagliari, è capace di mandare da solo nella sua porta un cross innocuo di Avelar.
Quell’episodio convince anche Zeman: la panchina è il posto che gli spetta di più. Farà ritorno a Danubio nell’estate susseguente e, da quel momento in poi, per lui la carriera diventerà discendente nonostante la giovane età. L’incubo portieri, per la Roma, prosegue fino alla sessione estiva del 2013. L’usato sicuro che convince tutti: Morgan De Sanctis. Questa è un’altra storia.