Calcio e Finanza
·27 dicembre 2024
Calcio e Finanza
·27 dicembre 2024
Calcio e tecnologia sono ormai un binomio quasi inseparabile da quando è stato introdotto il VAR. E nonostante le polemiche degli ultimi anni, a diverse latitudini, il mondo arbitrale è sempre attento a ogni novità che può permettere ai direttori di gara di limitare al massimo gli errori decisionali sul campo.
«Spegnere il VAR è impensabile – ha commentato a La Stampa Roberto Rosetti, il capo della divisione arbitrale della UEFA con il compito di crescere e scegliere gli arbitri per le coppe e per le fatiche delle nazionali –. Immaginiamoci cosa sarebbe il calcio se cancellassimo tutto quello che è stato fatto negli ultimi anni. Il caos».
Negli ultimi mesi è ripresa con vigore la discussione relativa all’introduzione del VAR a chiamata: «Il gioco del calcio è sacro, fluidità, ritmo, vive di dinamiche e imprevedibilità, di interpretazioni soggettive delle regole. Nelle Competizioni europee abbiamo un intervento VAR ogni tre partite, ogni possibile situazione arbitrale viene analizzata (quest’anno in 660 partite, 3020 check, 214 interventi VAR). Vi faccio una domanda: “se agli allenatori o ai capitani venisse concessa la possibilità di chiamare l’intervento VAR due volte a partita, siamo sicuri che la fluidità del gioco stesso non verrebbe intaccata? E se ci fosse un errore evidente a challenge terminati?”».
Il rischio, secondo Rosetti, è quello di un uso tattico del VAR da parte degli allenatori: «Potrebbe accadere, per spezzare l’inerzia di una gara e il ritmo dell’avversario o altro. Potrebbe generare più equivoci che chiarezza. Comunque le regole le modifica l’IFAB, il vero guardiano delle regole del gioco, io mi limito ad una riflessione».
«L’eventuale novità, tra l’altro, modificherebbe l’utilizzo del VAR così come lo conosciamo – osserva Rosetti –. Palla agli allenatori o capitani o palla alla chiamata così come da protocollo attuale. Tutte e due insieme non sarebbe attuabile, stravolgerebbe il calcio».
Un altro grande tema sulle regole del calcio è quello del tempo effettivo: «Su questo aspetto credo che siamo lontani da una possibile introduzione: il tempo effettivo non si sposa con i tempi del calcio. I maxi recuperi ai Mondiali 2022 in Qatar? Siamo soddisfatti della media nelle Competizioni UEFA, quasi 60 minuti in Champions, sono anni che lavoriamo sulla velocizzazione delle riprese di gioco. Arbitri proattivi, meno pause, più ritmo ed emozioni. In Serie A non si gioca meno che in Champions League, nonostante non siano mancate le polemiche su questo aspetto, basta guardare gli ultimi dati. La Serie A si è avvicinata alla media della Champions negli ultimi anni. Gianluca Rocchi lavora nella nostra direzione, il confronto è continuo».
Dagli Europei, secondo le regole, solamente il capitano può interloquire con l’arbitro: «Dò sicuramente un voto alto, altissimo, a questa norma. Un progetto semplice ma cruciale per l’immagine del calcio che ha valore educativo fondamentale per le future generazioni di calciatori e arbitri. E siamo solo all’inizio. Non se ne può più del mobbing agli arbitri».
«Lavoriamo in modo ossessivo per garantire l’uniformità dell’applicazione delle regole. Abbiamo idee e strategie. E i risultati sono ottimi nonostante la provenienza da ogni nazione europea dei singoli arbitri: la competenza della mia squadra, i seminari e l’accademia arbitrale della UEFA sono la chiave – ha proseguito l’ex arbitro –. In Italia rigori che in campo internazionale non vengono concessi? Posso solo dire che per noi il rigore è qualcosa di serio: che comporta una chiara azione fallosa commessa dal difensore».
Nelle ultime settimane si è parlato di VAR “light”: «Si tratta di un monitor a bordo campo con due tecnici: si chiama leggera proprio per questo. Abbatte i costi ed è facilmente attuabile dal punto di vista degli strumenti: la sperimentazione è in corso, aiuterà i paesi con meno risorse. Il VAR è un altra cosa».
Infine, un commento sulla violenza nei confronti degli arbitri: «Una piaga. A livello UEFA stiamo facendo un grande lavoro sul tema (la UEFA Refereeing Campaign) e qualcosa sta cambiando perché, alla fine, prevale la passione di chi vuole entrare in un mondo di regole. Una cosa deve essere chiara: servono pene certe, chi tocca gli arbitri non dovrebbe entrare mai più in uno stadio. La vera svolta? L’arbitro dovrebbe dirigere da pubblico ufficiale per tutta la durata della gara».