PianetaSerieB
·27 de dezembro de 2024
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·27 de dezembro de 2024
Il derby giocato ieri tra Cosenza e Catanzaro è entrato in maniera meritata e prepotente nel libro contenente le partite dell’anno. Un pareggio pirotecnico, intriso di emozioni e polemiche, fautore di incessanti tachicardie e avulso da qualsivoglia tentativo di dare un ordine alle cose successe. Una mescolanza di momenti intensi, ribaltamenti, tentativi, gioie e dolori, errori e giocate. Raramente un match terminato senza vincitori né vinti ha aumentato così nettamente le pulsazioni, ma chi ha assistito alla partita non può che averne constatato l’elettricità.
Bisognerebbe concedere maggiore spazio a un’analisi sia dei gesti tecnici che dell’atteggiamento tattico di ambedue le compagini, ma il focus sarà un altro. È ad ogni modo necessario sottolineare come la solita propensione al possesso palla del Catanzaro si sia scontrata contro un’organizzazione certosina e una resilienza stoica dei Lupi, che nonostante l’inferiorità numerica patita dal 21′ per una dubbissima (issima-issima-issima) espulsione rifilata a Caporale sono riusciti ad avere la meglio contro il fardello di quella che avrebbe potuto essere una condanna sportiva.
Tutto ciò che è successo, con il gol di Pompetti all’80’ e la feroce reazione dei rossoblu, stoppati al 90′ dal VAR sul gol (giustamente) annullato a Kouan e al 100′ dalla traversa sulla conclusione di Zilli, prima di gioire al 106′ per il rigore convertito in rete da Ciervo (in un recupero dunque extra-large in virtù delle tante interruzioni), ha portato l’allenatore Massimiliano Alvini a lasciarsi andare al triplice fischio a un momento di toccante emotività.
Le lacrime del tecnico hanno immediatamente abbattuto qualsiasi barriera e generato un’intima declinazione di empatia. Non è stato finora facile il cammino per lui, chiamato a una missione che sa di impresa, percosso e penalizzato da dinamiche extra-campo che hanno – come noto – inficiato la serenità sua e di un gruppo umanamente eccezionale ma che è doveroso rimpolpare di talento.
Non è la prima volta che viene snocciolato il tema, ma il derby ha reso legittima una nuova sottolineatura: la dirigenza dovrà assecondare e supportare questo spirito con opportuni e rapidi interventi sul mercato invernale (al via il 2 gennaio). Il Cosenza senza la penalizzazione di quattro punti sarebbe in zona salvezza, ma per quanto sia un ulteriore merito poter dire ciò, la cruda realtà parla di un penultimo posto che non rende giustizia allo spessore di Alvini, così come alla dedizione dimostrata dall’intero gruppo-squadra. Un campionato lungo ed estenuante come la Serie B sa essere tortuoso, dunque è (molto) pericoloso – per la dirigenza – cullarsi su questo bendidio umano e professionale.
Massimiliano Alvini sta gareggiando sul circuito con una vettura dalla rimarcabile abnegazione, ma con una cilindrata insufficiente per arrivare con serenità alla fine della corsa. Le sue lacrime, che ci hanno rapidamente riportato alla più romantica e primigenia definizione di calcio, lontana da qualsiasi angolosità superficiale, vacua e da vil denaro dei giorni nostri, dovranno essere un monito per chi è sopra di lui, ovvero Delvecchio e Guarascio. Nel guazzabuglio che oramai da anni accompagna il Cosenza, una persona ha indicato una via: sarebbe ingiusto e fatale non percorrerla.