Calcionews24
·15 de janeiro de 2025
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·15 de janeiro de 2025
Atalanta Juve e il ritorno di Koopmeiners a Bergamo. Indipendentemente da quello che sarebbe stato il risultato finale o lo spettacolo offerto, gli occhi sarebbero andati tutti sull’olandese e sull’atmosfera che ci sarebbe stata al Gewiss Stadium: come per il Luis Figo in Barcellona Real Madrid, l’Higuain in Napoli Juve e per cavalcare l’onda della Dea un po’ come i vari Conti, Schelotto, Vieri, Saudati e i tanti ex nerazzurri che si sono lasciati mali con la piazza.
Magliette anti Koop, fischi, insulti, certificati medici, banconote con il suo volto e due striscioni che racchiudevano una posizione tanto chiara quanto forte. Una situazione che però parte da lontano. Non si tratta dell’addio in sé appoggiandosi a discorsi moralisti sulle bandiere che non esistono, i soldi che conquistano tutto (seppur sia grazie a quelli che l’Atalanta comunque è riuscita a crescere), ma il “come” ci si lascia.
Koopmeiners è andato alla Juve dove quel “come” è costato caro partendo da agosto: le parole di Gasperini sul fatto che Teun non si allenasse, una Dea “ricattata”, i certificati medici come copertura e la decisione di rinunciare a quel Real Madrid Atalanta che anche lui aveva conquistato sul campo. Un comportamento che ha portato nervosismo e un clima abbastanza pesante per oltre un mese.
Certo, Teun Koopmeiners ha esplicitamente sottolineato che il suo sogno sarebbe stato quello di andare a giocare altrove, e seppur l’Atalanta pretendesse 60 milioni (la normale legge del mercato), l’avrebbe accontentato: non a caso già da giugno la Dea cercava un suo sostituto (da O’Riley a Samardzic), con l’olandese che sarebbe arrivato ad agosto giocando la Supercoppa e comportandosi in maniera più responsabile.
I modi citati prima hanno fatto sì che si arrivasse alla sera di Atalanta Juve: brutto da vedere per quello che c’era stato, discutibile agli occhi della critica, ma è stato l’effetto domino di quell’estate.
Il destino di Teun Koopmeiners poteva anche essere scritto prima, ma la firma è sempre quella del destinatario: ciò che a Bergamo conta di più, indipendentemente che l’ex numero 7 sia stato uno dei protagonisti della cavalcata atalantina più bella di sempre.