Calcio e Finanza
·09 de abril de 2025
Parità salariale nello sport: Giochi24 racconta la lunga lotta delle donne

Calcio e Finanza
·09 de abril de 2025
La parità di genere è un tema centrale nel dibattito contemporaneo, e lo sport non fa eccezione. In un’epoca in cui la responsabilità sociale delle aziende è sempre più sotto i riflettori, il mondo dello sport affronta una sfida cruciale: la disparità salariale tra atleti e atlete.
Lo sport rappresenta un esempio e un modello per generazioni giovani e meno giovani, dunque sui temi legati alla parità di genere gli atleti sono chiamati a dare il buon esempio. Inoltre, tra diritti televisivi, scommesse, videogiochi e-sport, e merchandising, un’economia gigante ruota attorno all’attività sportiva, e non si possono ignorare i problemi derivanti da una suddivisione iniqua delle ricchezze che essa produce.
Il divario retributivo tra uomini e donne nello sport è un problema globale, con radici storiche, culturali ed economiche. Nonostante pari impegno e risultati, le atlete percepiscono compensi inferiori rispetto ai colleghi uomini, non solo negli stipendi base, ma anche in premi, sponsorizzazioni e bonus. Un rapporto di BBC Sport (2021) indica che l’83% degli sport offre premi in denaro uguali ai vertici, ma questo non riflette la realtà di stipendi e sponsorizzazioni, dove il divario resta ampio. Forbes (2022) non include atlete nella top 50 degli sportivi più pagati, e il Global Sports Salaries Survey (GSSS) conferma stipendi medi femminili drasticamente inferiori nelle leghe professionistiche.
Analizzando i singoli sport, emergono quadri diversi. Il tennis è spesso un esempio virtuoso, almeno nei Grand Slam. Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open offrono montepremi uguali dal 2007, grazie a battaglie di atlete come Billie Jean King e Venus Williams. Tuttavia, la parità non è realtà nei tornei minori, con montepremi, sponsorizzazioni e visibilità inferiori per le donne. Un esempio è il torneo di Cincinnati 2019 (ATP/WTA), con un montepremi maschile di oltre 6 milioni di dollari contro i circa 2,9 milioni di quello femminile.
Gli US Open e Wimbledon 2023 hanno garantito la parità dei premi. Ma mentre i top player ATP guadagnano milioni in premi e sponsorizzazioni, le giocatrici WTA, pur con guadagni importanti, restano su livelli inferiori. Qualcosa si sta comunque muovendo: nei tornei la parità salariale, secondo gli organi ufficiali, dovrebbe essere raggiunta in un decennio. Affinché essa sia sostenibile, comunque, va promossa la visibilità del tennis femminile che al momento è subordinata alla controparte maschile. Un esempio concreto? Tutti conoscono Sinner, e il suo predecessore Djoković. Ma quanti seguono Aryna Sabalenka e Iga Świątek, la bielorussa e la polacca che da tre anni si alternano al vertice della classifica WTA?
Il calcio mostra la maggiore disparità. Le calciatrici guadagnano cifre irrisorie rispetto ai colleghi, a livello di club e nazionale. La disparità è sistemica: contratti, premi, sponsorizzazioni e diritti TV. La nazionale femminile statunitense, pluricampionessa del mondo, ha dovuto lottare legalmente per un trattamento equo rispetto alla nazionale maschile.
Alcune federazioni (norvegese, inglese, brasiliana) equiparano i compensi delle nazionali, ma il problema persiste a livello di club. La FIFA Women’s World Cup 2023 ha visto un aumento del montepremi (152 milioni di dollari), ma lontano dai 440 milioni del Mondiale maschile 2022. Gli stipendi medi sono drammaticamente diversi: milioni di euro annui per i calciatori top, decine o centinaia di migliaia per le calciatrici.
Va però rappresentato anche il fatto che spesso il livello qualitativo del calcio femminile è inferiore, a causa della mancanza di interesse e investimenti. A tal proposito, in una prospettiva di eguaglianza, le federazioni nazionali dovrebbero sicuramente porre maggior impegno onde garantire che le calciatrici siano sempre considerate a tutti gli effetti delle professioniste, e non delle “atlete di serie B” come troppo spesso avviene.
Il caso dello sci alpino è più complesso. In Coppa del Mondo, la FIS garantisce pari montepremi. Tuttavia, le atlete possono avere meno sponsorizzazioni e visibilità, con minori guadagni complessivi. Anche se i Mondiali FIS offrono pari montepremi, stipendi e sponsor variano per popolarità e risultati, spesso a sfavore delle donne.
Le cause della disparità sono molteplici: storia (dominio maschile), copertura mediatica (maggiore per gli uomini), investimenti (inferiori per le donne), stereotipi di genere e minore potere contrattuale delle atlete femminili. In Italia la “valanga azzurra” degli ultimi anni ha avuto un effetto positivo: grazie alle vittorie di atlete come Federica Brignone e Sofia Goggia, lo sci femminile è altrettanto seguito di quello maschile: resta da vedere se capitalizzando sul successo avuto fino ad oggi, i responsabili sapranno mantenere alta l’attenzione anche al sorgere di una nuova generazione di sportive.
Nonostante le sfide, ci sono segnali di cambiamento. Crescente attenzione mediatica, azioni legali delle atlete, impegno di alcune federazioni e maggiore sensibilità aziendale contribuiscono. È fondamentale un impegno concreto: politiche e strategie per l’equità, maggiori investimenti negli sport femminili, copertura mediatica equa, campagne contro gli stereotipi, trasparenza salariale, fondi di sostegno per le atlete, rafforzamento del potere contrattuale delle atlete e valorizzazione delle loro storie di successo.
È importante sottolineare un aspetto cruciale. Se da un lato la parità salariale è un principio di giustizia, dall’altro, nel mondo dello spettacolo – e lo sport professionistico in parte lo è – la remunerazione è spesso legata alla capacità di generare interesse e, di conseguenza, introiti. In quest’ottica, ciascuno guadagna in base al proprio “valore di mercato”, determinato dalla capacità di attrarre pubblico, sponsor e diritti televisivi.
Questo porta a situazioni in cui, in alcuni sport, le atlete possono essere più popolari e generare maggiori introiti rispetto ai colleghi uomini. Sorge quindi una domanda complessa: è giusto perseguire l’uguaglianza salariale a prescindere dall’interesse suscitato e dal valore di mercato generato? La risposta non è semplice e richiede una riflessione approfondita che tenga conto sia del principio di equità sia delle dinamiche economiche che regolano il mondo dello sport professionistico. Trovare un equilibrio tra questi aspetti è una sfida cruciale per il futuro dello sport.
La parità salariale è un obiettivo importante, ma il percorso è complesso. Investire nelle atlete e garantire pari opportunità promuove l’uguaglianza e combatte gli stereotipi. Un impegno costante e coordinato è necessario per uno sport più inclusivo e meritocratico, che sappia bilanciare giustizia e dinamiche di mercato.
Articolo scritto e realizzato grazie alla collaborazione del team editoriale di Giochi24.
L’azienda ha ricevuto la certificazione UNI Pdr125:2022 per la parità di genere che viene riconosciuta alle aziende leader nel valorizzare il rispetto delle diversità delle persone. Giochi24 si impegna a promuovere attivamente a comunicare politiche e iniziative relative alla parità di genere, all’inclusione ed allo sviluppo di un ambiente di lavoro inclusivo ed equo.