Hellas Verona FC
·01 de abril de 2025
Viste da vicino | Nicole Costa

Hellas Verona FC
·01 de abril de 2025
Verona - Nuovo appuntamento con 'Viste da vicino' il format di interviste gialloblù in cui le protagoniste sono le ragazze della Prima squadra dell'Hellas Verona Women.
L'episodio tredici della nostra rubrica è dedicato a Nicole Costa, difensore classe 2002 al suo quinto anno nel campionato cadetto. Da Settimo Milanese a Verona, passando per Ravenna e Cesena, Nicole ci ha raccontato del suo ambientamento in squadra e delle sue passioni al di fuori del rettangolo verde.
Nicole, come inizia la tua avventura nel mondo del calcio? “Da piccola ho fatto diversi sport. Il primo è stato il pattinaggio, che ho iniziato quando avevo quattro anni. Uno sport magari non così usuale, ma che ho praticato per circa un anno, ma sinceramente non mi piaceva molto. Così ho iniziato a giocare a basket l’anno successivo, ma dopo un breve periodo ho deciso di smettere. In realtà ho capito solamente dopo queste esperienze che il momento della giornata che preferivo era quando andavo al parchetto con mio fratello, a giocare qualche partita a calcio con i suoi amici dopo la scuola. Così i miei genitori hanno deciso di iscrivermi a sei anni alla scuola calcio di Settimo Milanese, la cittadina in cui sono cresciuta. Ho iniziato a giocare con i maschi, anche perché le squadre femminili in quegli anni erano davvero poche, ma a sei anni non percepisci la differenza tra maschio e femmina, sono differenze che magari inizi a percepire più avanti".
E poi? “Dopo sei anni trascorsi al Settimo Milanese, sono andata a giocare per due stagioni all'ASD La Biglia a Cornaredo, un paese vicino al mio, dove ho continuato a giocare con i ragazzi. A 14 anni, quando non avevo più la possibilità di continuare con loro, sono stata contattata dall’Inter Femminile, che in quel momento non era ancora unita all’attuale società nerazzurra. Mi corteggiavano da un po’ in realtà, ma io prendevo tempo perché in realtà la mia volontà era quella di giocare con i maschi fino all’ultimo. Era una sfida per me, la avvertivo così, il fatto di giocare con loro era un qualcosa che dimostrava che fisicamente potevo giocarmela alla pari”.
Che emozioni hai provato sapendo che l’Inter voleva proprio te? “All’inizio, complice il fatto che giocavo nella Femminile Inter Milano, nelle giovanili della squadra che in quegli anni militava in Serie B, non sentivo molto la differenza. Quando nel 2018 il titolo sportivo venne attribuito all’Inter Women - beh - non posso negare che le emozioni si fecero più intense. Quando capisci che le cose si fanno più serie provi un po’ di timore, penso sia fisiologico, ma provi anche tanta gioia nel vedere il lavoro fatto negli anni trasformarsi in qualcosa di più concreto. All’Inter sono rimasta per sei stagioni, fino al 2020, anno in cui sono andata in prestito al Ravenna, disputando lì gli ultimi sei mesi di campionato. Nel 2021 l’Inter mi ha mandata poi nuovamente in prestito al Cesena, dove poi ho deciso di continuare il mio percorso per altri due anni, fino al 2022".
Che esperienze porti con te di tutti questi anni in queste squadre? “Tra i bei momenti mi porto dietro sicuramente le giornate al parco di cui parlavo prima. Andavo al campetto solo e soltanto per divertirmi. Mi porto dietro la passione che ci metto ogni giorno, ciò che mi sprona a dare il meglio in ogni allenamento. A volte non sono riuscita magari a scindere campo ed extra-campo, durante questi anni ho vissuto anche dei momenti meno piacevoli, alcuni episodi al di fuori del terreno di gioco che purtroppo non sono riuscita a gestire molto bene, essendo all'epoca più piccola. Fin quando non sono andata a Ravenna ho vissuto in casa con i miei genitori, e anche se non parlavo molto con loro di queste situazioni, sentivo il loro calore e il loro supporto. Quando sono andata via di casa per giocare a Ravenna non è stato facile, i miei genitori sono sempre stati presenti, ma erano lontani. Oltre alla distanza si aggiungeva il continuo confronto con le altre ragazze, il continuo doversi ritagliare uno spazio in squadra, un giocarsela ad ogni allenamento”.
Che rapporto hai con la tua famiglia? “I miei mi hanno sempre aiutata e supportata in tutto, fin da piccola. Mi hanno sempre lasciata libera, non mettendomi mai alcun ostacolo o paletto. Quando sono andata via di casa erano felici perché stavo portando avanti il mio percorso, anche se ovviamente erano anche dispiaciuti del fatto che la loro figlia più piccola si allontanasse un po’. Mio papà Massimiliano mi ha seguita ovunque, e quando non poteva esserci di persona mi seguiva da casa. È venuto ovunque io abbia giocato, davvero. Ha sempre voluto che dessi il meglio, infatti, finita la partita, mi riempiva sempre di ‘potevi fare questo, dovevi fare quello…’ (ride ndr). Anche mia mamma, mio fratello e mia sorella mi supportano da sempre, anche se non seguono il calcio e fanno tutt’altro nella vita”.
E alla fine arriva proprio il Verona… “A dire la verità durante la scorsa estate stavo per firmare per l’altra sponda di Verona, ma alla fine, negli ultimi giorni di mercato, ho scelto l’Hellas. Appena mi è arrivata la proposta non ci ho pensato un attimo, e ad oggi sono veramente felice della mia scelta. Quando guardo lo stemma del Verona provo gioia, ma anche tanta fiducia. E pensare che Verona, quando sono venuta in vacanza con i miei tanti anni fa, non mi era piaciuta così tanto, la vedevo solo come una città più piccola rispetto a Milano. Vivendoci adesso mi sono ricreduta. È una città bellissima, dove hai tutto. Amo fare le passeggiate in centro con un gelato, ma amo anche il lago per esempio”.
Come ti sei integrata con le tue compagne? “Abitando in casa con altre mie compagne (Ivana Naydenova, Maddalena Nava, Elisa Casellato e Federica Anghileri ndr) sono riuscita ad integrarmi molto bene fin da subito. Siamo riuscite a creare gruppo molto solido anche con le altre ragazze, che sono qui da più tempo, come Mancu, Lau e Rachi (Giulia Mancuso, Laura Capucci e Rachele Peretti ndr). Un po’ per caso è nato un appuntamento fisso settimanale durante il quale, insieme a loro tre, cuciniamo e trascorriamo la serata guardando qualche partita o giocando a qualche gioco da tavolo. Insieme abbiamo seguito tutta la stagione di Masterchef (ride ndr)”.
Chi è Nicole fuori dal campo e cosa le piace fare? “Sono una ragazza a cui piacciono tantissime cose, ma alla fine finisco a non fare mai nulla (ride ndr). Mi piace tanto la musica, mi piacerebbe imparare a suonare la chitarra o il piano. Ad inizio stagione, io e Maddalena Nava abbiamo comprato una chitarra. Lei ogni tanto suona qualcosa, io provo ma escono solo strimpelli (ride ndr). Adoro leggere e disegnare, lo trovo rilassante”.
Qual è il tuo ricordo più bello vissuto grazie al calcio finora? “Vorrei citarne tre. Sicuramente la prima convocazione nell'Under 16 della Nazionale, mentre giocavo in Primavera con l’Inter. È stato un momento veramente importante, nel quale mi sono sentita orgogliosa di poter rappresentare i colori della mia Nazione. In realtà poi sono stata convocata anche in Under 19 qualche anno più tardi, ma la pandemia ha bloccato quell'esperienza. Sicuramente tra i miei ricordi più cari porto anche la vittoria del Campionato Primavera con l'Inter a Coverciano, e devo citare anche l’anno scorso, quando con il Cesena abbiamo vinto 0-2 a Formello contro la Lazio”.
Hai un idolo? “Quando sono arrivata a Cesena mi sarebbe piaciuto giocare con la maglia numero 22, ma quel numero non era disponibile. Poi complice la serie tv che stavo guardando in quel periodo su Michael Jordan ho scelto il 23 alla fine. Ecco, il mio idolo è Micheal Jordan, lui ha segnato davvero un’epoca e uno sport. È stato davvero il top sotto tutti i punti di vista. Poi di campioni ce ne sono tanti ovviamente, nel basket come nel calcio. Calcisticamente parlando ho amato a dismisura il Milan di Ronaldinho, Kakà e Beckham, ma nessuno sportivo in generale mi colpisce più di Jordan”.
Come interpreti il tuo ruolo di difensore? “In realtà nasco come centrocampista. Nel 2019, in Primavera con l’Inter, Sebastiàn De La Fuente ha deciso di spostarmi un po’ più indietro, dicendomi che ero perfetta come difensore centrale per via della mia visione di gioco. Ci sono rimasta un po' male all’inizio, e mi sono detta che magari era dovuto al fatto che non fossi una brava centrocampista. Alla fine mi sono convinta e adesso, dopo sei anni, non potrei mai vedermi in un altro ruolo. Certo, ci sono delle grandi responsabilità dietro. In un primo momento sei felice, un attimo dopo sei in ansia. Poi va detto, non puoi giocare molto il pallone davanti alla porta. Mi manca a volte prendere palla e partire sulla fascia, come facevo anche a Cesena da terzino dove giocavo in un modulo diverso”.
Cosa significa il calcio per te? “Non so mai cosa rispondere a questa domanda. Da una parte non vorrei essere troppo banale e parlare di passione come fanno tutti, ma devo proprio ammettere che il calcio è il mio compagno di vita. Ogni giorno mi chiedo cosa farò nella mia vita quando smetterò di giocare. Le domeniche in cui non giochiamo mi sento vuota, come se mi mancasse un pezzo. Ecco il calcio è il mio migliore amico, il mio partner fidato che mi accompagnerà fino alla fine”.
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