Calcio e Finanza
·6 de noviembre de 2024
Calcio e Finanza
·6 de noviembre de 2024
C’era un tempo in cui le big più ricche d’Europa erano le squadre italiane, e i club di Premier League erano costretti solo a rincorrere. Non serve nemmeno scomodare i bilanci della stagione 1992/93, quelli della prima storica annata della Premier League, per mostrare quale fosse la differenza a favore delle società di Serie A. E un confronto interessante su questo tema è anche quello che andrà in scena stasera a San Siro, nella sfida di Champions League tra Inter e Arsenal.
Un big match che sarà protagonista in Europa per la seconda volta nella storia: l’unico precedente infatti tra nerazzurri e Gunners è relativo alla fase a gironi della Champions League 2003/04, con la storica vittoria interista per 3-0 ad Highbury e un altrettanto storico successo per 5-1 di Henry e compagni nella gara di ritorno a San Siro. Un’epoca che sembra lontana leggendo anche i nomi dei protagonisti in campo di quelle sfide, dallo stesso Henry al grande ex Bergkamp fino ai vari Toldo, Vieri e Cannavaro nelle file nerazzurre. E forse ancora più lontana se si guarda ai bilanci dell’epoca dei due club e alla successiva evoluzione nel corso degli ultimi 20 anni.
Guardando con gli occhi di oggi, può suonare strano, ma ci sono stati diversi anni tra fine anni ‘90 e primi anni duemila in cui l’Inter aveva un fatturato doppio (se non poco meno rispetto all’Arsenal). Una forbice che ha toccato il punto massimo nel 1997/98, con 92 milioni di euro di ricavi per i nerazzurri rispetto ai 45 milioni di euro degli inglesi, con impatto rilevante da stadio (circa 30 milioni di ricavi) e sponsor (circa 33 milioni) per la società all’epoca di proprietà di Massimo Moratti. Ma il gap è poi andata via via assottigliandosi, fino ad arrivare ad un sostanziale pareggio. Nel bilancio 2003/04 (anno della sfida di cui sopra), ad esempio, i ricavi per l’Inter sono stati pari a 191 milioni rispetto ai 187 milioni dei Gunners, una distanza minima.
Un vantaggio a favore dei nerazzurri che è durato fino ad un punto di svolta, andando ad analizzare nel dettaglio gli ultimi 20 bilanci dei due club: l’apertura del nuovo Emirates Stadium da parte dell’Arsenal, con l’esordio ufficiale avvenuto nel settembre 2006. Un impatto evidente nei numeri economici: nel 2004/05 e nel 2005/06, prima dell’inaugurazione dell’impianto, l’Inter aveva ricavi maggiori rispetto ai Gunners (195 milioni contro 175 milioni nella prima stagione, 215 milioni contro 174 milioni nella seconda), ma con la annata 2006/07 il divario si è capovolto, con ricavi superiori per gli inglesi che da allora non si sono più voltati indietro. Un investimento da oltre 500 milioni di euro per il nuovo stadio che ha pagato per l’Arsenal: nella prima stagione, oltre ai naming rights ceduti a Emirates, il club ha raddoppiato i ricavi da stadio, superando i 100 milioni di euro. Non che prima fossero particolarmente bassi, considerando che nel 2005/06 nel vecchio Highbury avevano raggiunto quota 50 milioni di euro, cifra che l’Inter è arrivata a superare solo nel 2022/23.
Un divario quindi nato dallo stadio, con i Gunners arrivati a incassare fino a oltre 130 milioni di euro dall’Emirates nelle ultime stagioni, con l’Inter che nel 2022/23 ha toccato la quota record di 79 milioni (grazie a una stagione in cui ha disputato il massimo numero di partite possibili a San Siro tra campionato, Champions League e Coppa Italia), superando per la prima volta nella sua storia i 50 milioni di euro di ricavi da stadio. Ma soprattutto un divario che è andato via via aumentando anche per l’impatto dei ricavi dai diritti televisivi dei rispettivi campionati.