BundesItalia
·11 ottobre 2020
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Il gol del 3-1 nella larga vittoria dello Stoccarda contro il Mainz nella seconda giornata di Bundesliga 2020/21 porta una firma nobile. Il centrocampista offensivo argentino Mateo Klimowicz, classe 2000, ci ha impiegato sei minuti dalla sua entrata in campo al posto di Gonzalo Castro per realizzare la sua prima rete in Bundesliga, alla seconda presenza, dopo l’esordio da titolare con il Friburgo. Una marcatura che scrive un nuovo capitolo della storia della sua famiglia in Bundesliga. Da Diego a Mateo.
Mateo, il figlio del “Granadero” – Il papà di Mateo è infatti Diego Klimowicz, vecchia conoscenza del calcio tedesco. Classe 1974, cresciuto nell’Instituto di Cordóba, lo stesso club dove è sbocciato il talento di Mario Kempes e di Paulo Dybala, “Il granatiere”, come era stato soprannominato in Argentina per la sua statura (1,91 per quasi 90 chili) era approdato in Bundesliga nella sessione invernale della stagione 2001-2002. A mettere sotto il contratto l’allora 27enne centravanti di origine ucraina e polacca, ma con passaporto spagnolo, era stato il Wolfsburg di Wolfgang Wolf, all’epoca formazione che veleggiava a metà classifica della Bundesliga, e che poteva contare su una rosa discreta, con nessuna stella e tanti buoni giocatori come il portiere Claus Reitmaier, la punta Tomislav Marić, il difensore ghanese Hans Sarpei.
Da scommessa a idolo dei tifosi – Al momento del suo arrivo in Bassa Sassonia Klimowicz lo conoscono in pochi, nonostante i gol al Lanús e le discrete prestazioni in Spagna con il Rayo Vallecano. Il club dei “Lupi” invece trova in poco tempo un attaccante affidabile, ambidestro, bravo di testa ed estremamente coraggioso. Doti che valgono a Klimowicz l’affetto dei tifosi e al Wolfsburg tanti gol. In sei anni nella città del Volkswagen timbrerà per 57 volte in campionato e 14 in Coppa di Germania. La prima marcatura nella massima serie, quasi per un segno del destino, la segnerà allo Stoccarda, il club dove gioca ora suo figlio. La sua migliore annata è la 2003-2004, quando realizza 15 reti, tra cui una doppietta nel 5-1 contro l’Amburgo. Fino al 2010 i suoi quasi 60 gol saranno il record per il club biancoverde, superati da Edin Džeko.
A Dortmund e a Bochum – Un punto fermo del Wolfsburg che nel 2007, a 33 anni, riceve la chiamata del Borussia Dortmund di Thomas Doll. Il BVB non vive uno dei suoi momenti migliori, tanto che al termine di quella stagione, finirà addirittura tredicesimo. L’argentino segna un totale di dieci reti, di cui sei in Bundesliga e quattro in Coppa di Germania, dove i gialloneri perdono ai supplementari la finale contro il Bayern Monaco. Nella stagione successiva a Klimowicz andrà pure peggio. Al Borussia arriva Jürgen Klopp e per il sudamericano c’è poco spazio. Solo dieci apparizioni nel girone d’andata prima di essere ceduto al Bochum nel mercato invernale. Sull’attuale allenatore del Liverpool “El Granadero” sarà chiaro. “È stato il mio freno – dirà in un’intervista a Spox.com – dall’inizio non avevo possibilità”. E ancora alla Bild. “Avevo problemi con l’allenatore. Klopp punta solo su determinati giocatori”. Klimowicz al Bochum ci starà una stagione e mezzo, realizzando otto reti, non riuscendo ad evitare nel 2009-2010 la retrocessione del club. Un anno dopo smetterà dove ha cominciato, a Cordóba con l’Instituto.
Mateo, sulle orme del padre – Nove anni dopo quell’addio, nell’estate 2019, un altro Klimowicz mette piede in Germania. È Mateo, centrocampista offensivo e all’occorrenza trequartista, rapido e con una struttura completamente diversa da quella del padre (1,77), che approda in 2.Bundesliga, allo Stoccarda, proveniente dall’Instituto di Cordóba, in seconda divisione. Con gli Schwaben conquista, facendo qualche apparizione la promozione e viene riconfermato per la nuova stagione in Bundesliga. Dove alla seconda partita ha già segnato, facendo meglio del padre. Ora Pellegrino Matarazzo ha un’arma in più. Con il DNA del campione. Da Diego a Mateo Klimowicz.
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