All Asian Football
·20 aprile 2021
All Asian Football
·20 aprile 2021
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Il sud-est asiatico è una delle nuove frontiere calcistiche più interessanti nel panorama internazionale, una delle aree geografiche in crescita da un punto di vista sportivo ed economico. Per saperne di più, abbiamo contattato due calciatori italiani che si sono trasferiti là, Marco Motta e Marco Ballini. Dalle loro parole è emersa un’idea di globalizzazione che è incontro e scambio, nell’ottica di una pratica dell’ascolto che dovrebbe diventare la valigia di ogni cittadino del terzo millennio. Oggi leggiamo che cosa ci ha raccontato Marco Ballini
Nome: Marco///Cognome: Ballini///Nato: Bologna///Data: 12/06/1998///Ruolo: Difensore Centrale
Intervistatore: Marco il tuo amore per il calcio è iniziato molto presto. Marco Ballini: Avevo 6 anni quando cominciai a vedere le partite con mio padre, allo Stadio Dall’Ara di Bologna. Poi è arrivata la tv e mi sono innamorato subito di Kakà, e sono diventato milanista. Sempre in quel periodo, un amico mi propose di andare a giocare e da lì è nata una passione che ho ancora oggi. Intervistatore: Da molto piccolo sei entrato in uno dei settori giovanili più importanti d’Italia. MB: Si, a 11 anni sono entrato nel settore giovanile del Cesena. Fu una decisione facile, perché il Cesena era in A e c’erano grandi margini di crescita. Il problema è che dovevo muovermi da solo in treno, praticamente tutti i giorni. Sono rimasto lì per 8 anni e sarebbe potuta andare decisamente meglio. Ho avuto molti alti e bassi durante l’adolescenza, perché essendo molto alto non è stato così facile evitare infortuni. Crescevo ogni anno di 5 cm e facevo fatica a rimanere in forma. Così dopo la primavera mi ritrovai senza squadra.
I: Deve essere stato un trauma per te che avevi puntato molto sulla carriera da calciatore. MB: Nei mesi successivi pensai seriamente di mollare. Avevo appena finito il Liceo Scientifico e cominciai a pensare di iscrivermi all’Università. Essendo stato molto con i fisioterapisti mi interessai a scienze motorie. Sono stati due, tre mesi di smarrimento. Avevo giocato tutta la vita a calcio e d’improvviso mi ritrovavo a piedi. Per non perdere il ritmo mi allenai con una squadra di I categoria vicino casa, l’ASD Borgo Panigale. Dopo alcune settimane mi chiamò l’Alfonsine FC 1921,– squadra che gioca in Eccellenza – e accettai senza indugio. Ci passai circa 3 mesi e ritrovai la voglia di giocare. I: Ripartire dalle basi a volte aiuta a farti riscoprire il valore di una passione. Nel giro di pochi mesi la fortuna è nuovamente girata. MB: Si, è così. Nel periodo natalizio dicembre 2017/gennaio 2018, mi contattò questo agente che lavora nel sud-est asiatico sui social, dicendomi che c’erano due squadre in Thailandia interessate a me. Dissi al mio agente italiano di seguire la cosa e poi partii. Ero titubante. perché avrei dovuto cambiare completamente realtà. Io ho sempre vissuto con i miei a Bologna. Cambiare tutto così in un istante, sembrava impensabile.
I: Arrivare dall’Italia e ritrovarsi catapultato in mezzo alla foresta di una piccola cittadina in mezzo alla Thailandia non deve essere facile. Quella prima stagione ti è servita per farti conoscere il livello della Thai League. MB: Il Chainat Hornbill era in Thai League 1 e lottava per salvarsi, ma in rosa c’erano Biram Diouf e Henry, ma soprattutto Florent Sinama Pongolle. Aver la possibilità di allenarmi con lui è stato pazzesco. Io non sapevo chi fosse, lo ammetto. Poi dissi a un amico che giocavo con lui e mi disse che era un fenomeno assoluto e che ci giocava a PES2006 con l’Atletico. E’ stato bellissimo. Ci siamo salvati all’ultima giornata. Una gioi condivisa con un pubblico incredibile.
D: Il tifo è incredibile. MB: Qualcosa di unico. Che tu vinca o che tu perda, ti supportano sempre. Non c’è mai stato un episodio dove i tifosi sono andati contro società o squadra. Mi ha stupito. D: D’altronde il campionato è di buon livello, probabilmente il migliore del sud-est asiatico. R: Sono rimasto sorpreso.
D: Finita la stagione 2018/2019 è arrivata la chiamata di uno dei top club della Thai League 1, il Muanghtong United. R: E’ una delle squadre top in Thailandia. L’inizio è stato difficile. Entrare nella squadra, perché sono arrivato nella finestra di mercato di metà campionato. C’erano nomi famosi, stranieri formidabili, tanti nazionali. In quei 6 mesi ho fatto solo 3 presenze in campionato. Poi mi sono rotto il crociato al camp per l’AFC Champions League. Crociato e menisco. E’ stato uno shock. Una delle cose più brutte che possono capitare a un’atleta. L’arrivo del COVID ha interrotto il campionato e ho avuto un po’ di tempo per recuperare. Ho fatto riabilitazione e ho ripreso a giocare con continuità. Siamo arrivati secondi dietro al BG Pathum United che ha vinto tutto – ne abbiamo parlato in questo articolo.
I: Lasciamo per un po’ il campo da gioco. Com’è vivere in Thailandia da italiano? MB: Il grande shock è stato il cibo. Quando ero a Chainat è stato difficile perché io ero abituato a mangiare a pranzo pasta e prosciutto. La pasta c’era, ma il prosciutto? Manco l’ombra. Per la cena andavo sempre fuori al ristorante perché i prezzi sono bassi. Questo va sottolineato: il costo della vita è veramente basso. I: C’è l’abitudine di uscire a mangiare fuori. MB: Molto spesso si va a prendere il caffè fuori. Quello che chiamano caffè. E’ usanza uscire. I: Qual è il piatto tipico thailandese che consigli di assaggiare? MB: Il pathai: una sorta di pasta un po’ più appiccicosa. Sono tagliatelle di riso. Il sapore è molto dolce. Ci mettono germogli soia, scorza di lime, gamberetti, arachidi in polvere. A tua scelta puoi aggiungere del peperoncino e altro zucchero.
I: Lo società Thailandese è molto aperta. Mi immagino che tu abbia ricevuto un’accoglienza ottima. MB: Qua hanno la mente più aperta. Il razzismo non l’ho mai vissuto. Sono rimasto sorpreso da come nessuno faccia caso al mio essere “straniero”. I Thailandesi non fanno distinzione, hanno veramente una mentalità molto aperta. Mentre in Italia, io personalmente non sono mai stato preso di mira, forse perché ero 1,90 mt ed era difficile. Ma ho visto molti episodi di razzismo. Troppi. I: Tornano al rettangolo verde, com’è stato l’approccio con il campionato thailandese? MB: Sono il giocatore più alto del campionato. Gli attaccanti sono tutti veloci, all’inizio marcarli è stato difficile. Mi ci è voluto un po’ per abituarmi. In allenamento lavoriamo tanto sulla tecnico e facciamo molto esercizi sul possesso. Qui insegnano a un difensore prima di tutto a passare bene la palla. In Italia ci si concentrava molto sulla difesa, sulla tattica, su dove posizionarsi. In Thailandia l’attenzione su certi argomenti è ridotto al minimo, si cerca di più il disimpegno e l’ uscita palla al piede. Quando ho provato questo gioco molto offensivo, mi è piaciuto tantissimo.
I: Mi sembra di capire che tu ti stia legando molto alla Thailandia. MB: Mi immagino di rimanere per molto tempo. Non ce la faccio a pensare di tornare, perché mi trovo tanto bene. Penso di rinnovare il contratto per altri 2 anni e punto alla nazionale maggiore. Ho già esordito nell’U-21 e nell’U-23. Nel caso dovessi riuscirci, punterei alla qualificazione ai Mondiali, il sogno della mia carriera. La nazionale è stata un po’ in calo negli ultimi tempo, ma ora con Mishino si sta riprendendo. Stanno arrivando molti giocatori come, metà thailandesi e metà di un’altra nazione. I: Giocare con la nazionale allo stadio deve essere incredibile. MB: Abbiamo fatto un torneo in Cambogia, con l’u21. Giochiamo la semifinale contro di loro. Lo stadio di Phnom Phenm è pieno. Ci sono 50.000 tifosi. Per me era la prima volta in uno stadio così grande e gremito. Andiamo ai rigori e devo battere il rigore decisivo. Una tensione immane. Faccio goal, mi giro verso i miei compagni e mi sembrava di essere Fabio Grosso nel 2006. Una di quelle sensazioni per cui ne vale la pena fare quei sacrifici che fai durante tutto il percorso calcistico. Il calcio ti regala emozioni uniche.
I: Molti dei giocatori e allenatori che abbiamo intervistato ci hanno detto che trovano un mondo inspiegabile agli occhi di noi occidentali, ma la maggioranza ci ha raccontato che non vorrebbe mai tornare. MB: Si sta bene. E’ sempre caldo. Una cosa che odiavo in Italia era allenarmi al freddo, con i piedi gelati. Oltretutto quando hai giorni liberi, prendi l’aereo vai sulle isole e ti rilassi. Un paradiso da cui non puoi pensare di andare via.
Southeast Asia is one of the most interesting new football frontiers on the international scene, one of the geographical areas that is growing from a sporting and economic point of view. To learn more, we contacted two Italian football players who have moved there, Marco Motta and Marco Ballini. From their words emerged an idea of globalization that is encounter and exchange, in the perspective of a practice of listening that should become the suitcase of every citizen of the third millennium. Today we read what Marco Ballini told us
Name: Marco///Surname: Ballini///Born: Bologna///Date: 12/06/1998///Role: Central Defender
Interviewer: Marco your love for soccer started very early. Marco Ballini: I was 6 years old when I started watching matches with my father, at the Dall’Ara Stadium in Bologna. Then TV arrived and I immediately fell in love with Kaka, and I became a Milan fan. Also at that time, a friend of mine suggested that I go and play and from there a passion was born that I still have today. Interviewer: When you were very young, you entered one of the most important youth sectors in Italy. MB: Yes, at the age of 11 I joined the youth sector of Cesena. It was an easy decision, because Cesena was in the A league and there were great margins for growth. The problem was that I had to move around on my own by train, practically every day. I stayed there for 8 years and it could have been much better. I had a lot of ups and downs during my teenage years, because being very tall it wasn’t so easy to avoid injuries. I was growing 2 inches every year and struggling to stay in shape. So after spring I found myself without a team.
I: It must have been a trauma for you who had staked so much on your soccer career. MB: In the following months I seriously thought about quitting. I had just finished high school and started thinking about enrolling in college. Having been around physical therapists a lot I became interested in exercise science. It was two, three months of being lost. I had played soccer all my life and suddenly I was on foot. In order not to lose my rhythm, I trained with a first class team near my home, ASD Borgo Panigale. After a few weeks I got a call from Alfonsine FC 1921, a team that plays in the Eccellenza league, and I accepted without hesitation. I spent about 3 months there and I found the desire to play again. I: Starting from the basics sometimes helps you rediscover the value of a passion. Within a few months your luck turned around again. MB: Yes, it did. In the Christmas period December 2017/January 2018, I was contacted by this agent who works in Southeast Asia on social media, telling me that there were two teams in Thailand interested in me. I told my Italian agent to follow up and then I left. I was hesitant because I was going to have to change reality completely. I have always lived with my parents in Bologna. To change everything in an instant seemed unthinkable.
I: But the call of the field and the prospects of a career “among the big boys” made you overcome these initial qualms. MB: I talked to my agent and told him to talk to this contact and, after a month, I decided to take the plunge. I had been to Thailand 5/6 times, but only on the islands and for vacation. Among other things, I had just been injured – a flexor strain, ed – so I went to the audition, injured. I was risking a lot. I tried out in Chainat for Chainat Hornbill FC, a lower-middle Thai League team. It is a small town where there is almost nothing and the first approach was traumatic. The main attraction is the supermarket and you always have to take the car to get around. The first 2 weeks they put me in a dorm where there was a bed and a closet. I was surprised and bewildered and every now and then I would see worms come into the room. I was almost in the middle of the jungle, it felt like a nightmare. I: After the audition did the situation normalize? MB: The day I auditioned, I did 2 passes, I did half an hour, after telling the coach I wasn’t at my best. He liked me on the fly, they gave me a contract right away and gave me a little house to stay in and a car too. I began to breathe and see a brighter future.
I: Coming from Italy and finding yourself catapulted in the middle of the forest of a small town in the middle of Thailand can’t be easy. That first season served to introduce you to the level of the Thai League. MB: Chainat Hornbill was in Thai League 1 and was fighting to save itself, but in the team there were Biram Diouf and Henry, but above all Florent Sinama Pongolle. Having the chance to train with him was crazy. I didn’t know who he was, I admit. Then I told a friend that I was playing with him and he told me that he was an absolute phenomenon and that he was playing PES2006 with Atletico. It was beautiful. We saved ourselves on the last day. A jewel shared with an incredible public.
I: The cheering is incredible. MB: Something unique. Whether you win or lose, they always support you. There has never been an incident where the fans have gone against the company or the team. It amazed me. I: On the other hand, the league is of a good level, probably the best in Southeast Asia. MB: I was surprised.
I: Finishing the 2018/2019 season came the call from one of the top clubs in Thai League 1, Muanghtong United. MB: It is one of the top teams in Thailand. The beginning was difficult. Getting into the team, because I arrived in the mid-league market window. There were famous names, formidable foreigners, many nationals. In those 6 months I only made 3 league appearances. Then I broke my ACL at the AFC Champions League camp. Cruciate and meniscus. It was a shock. One of the worst things that can happen to an athlete. The arrival of COVID interrupted the league and I had some time to recover. I rehabbed and got back to playing consistently. We finished second behind BG Pathum United who won it all – we talked about that in this article.
I: Let’s leave the playing field for a while. What is it like living in Thailand as an Italian? MB: The big shock was the food. When I was in Chainat it was difficult because I was used to eating pasta and ham for lunch. The pasta was there, but the ham? Not a single thing. For dinner I always went out to restaurants because the prices were low. This has to be underlined: the cost of living is really low. I: There is a habit of going out to eat. MB: Very often you go out for coffee. What they call coffee. It’s a custom to go out. I: Which is the typical Thai dish you suggest to taste? MB: The pathai: a kind of noodle that’s a little more sticky. It’s rice noodles. The flavor is very sweet. They put soybean sprouts, lime zest, shrimp, peanut powder in it. At your choice you can add chili and more sugar.
I: Thai society is very open. I can imagine you received a very good reception. MB: They are more open-minded here. I have never experienced racism. I was surprised by how nobody pays attention to my being a “foreigner”. Thai people don’t make any distinction, they really have a very open mind. While in Italy, I personally have never been targeted, maybe because I was 1,90 mt and it was difficult. But I have seen many episodes of racism. Too many. I: Back to the green rectangle, how was the approach to the Thai league? MB: I’m the tallest player in the league. The forwards are all fast, so marking them was difficult at first. It took me a while to get used to it. In training we work a lot on technique and do a lot of possession drills. Here they teach a defender first and foremost to pass the ball well. In Italy we focused a lot on defense, tactics, where to position ourselves. In Thailand the focus on certain topics is reduced to a minimum, we look more for the disengagement and the exit with the ball on the foot. When I tried this very offensive game, I liked it a lot.
I: I understand you’re getting very attached to Thailand. MB: I can imagine myself staying for a long time. I can’t imagine coming back because I’m doing so well. I’m thinking of renewing my contract for another 2 years and I’m aiming for the senior national team. I have already made my debut in the U-21 and U-23. If I make it, I’ll aim to qualify for the World Cup, the dream of my career. The national team has been in a bit of a decline in recent times, but now with Mishino they are recovering. A lot of players are coming in like, half Thai and half from another country. I: Playing with the national team in the stadium must be incredible. MB: We had a tournament in Cambodia, with the u21. We play the semi-final against them. The stadium in Phnom Phenm is full. There are 50,000 fans there. For me it was the first time in such a big and packed stadium. We go to penalties and I have to beat the decisive penalty. A huge tension. I make the goal, I turn towards my teammates and it seemed to me to be Fabio Grosso in 2006. One of those sensations for which it is worth making those sacrifices that you make throughout your football career. Soccer gives you unique emotions.
I: Many of the players and coaches we interviewed told us that they find it an inexplicable world in the eyes of us Westerners, but the majority told us that they would never want to return. MB: It’s comfortable. It’s always warm. One thing I hated in Italy was training in the cold, with frozen feet. Besides, when you have free days, you take a plane to the islands and relax. It’s a paradise you can’t think of leaving.