BundesItalia
·3 febbraio 2021
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·3 febbraio 2021
Ad Essen negli anni recenti non sono stati abituati a far parte della storia, figurarsi a scriverla. Una controtendenza con il passato. Negli anni ’50 il Rot-Weiß qualche traguardo storico l’ha raggiunto. Come la vittoria della DFB-Pokal nel primo dopoguerra, nel 1953, la prima edizione della Coppa di Germania dopo lo stop del 1943. Oppure con la vittoria del campionato nel 1955, che è valso il pass per la partecipazione alla Coppa dei Campioni. Non esattamente un’edizione qualsiasi, bensì la prima in assoluto. Eliminazione con l’Hibernian. Non ci sarebbero più tornati. Anche perché negli ultimi quarant’anni non ci hanno mai giocato. Ce l’hanno fatta tra gli anni ’60 e ’70, con risultati esigui. Insomma, il Rot-Weiss Essen i suoi anni migliori li ha dimenticati.
Il club della regione della Ruhr (Essen è attaccata a Gelsenkirchen), però, è riuscito a scrivere la propria storia nella DFB-Pokal 2020/21. Eliminando il Bayer Leverkusen agli ottavi di finale. 2-1 di rimonta nel secondo tempo supplementare, dopo che il goal di Bailey sembrava aver messo in discesa la strada per la squadra di Peter Bosz. E invece sono stati eliminati da una squadra di quarta serie per la prima volta della loro storia. Anche se la storia dell’Essen non è quella di un club normale di quarta serie, come abbiamo visto.
Il presente, però, li vede bloccati in Regionalliga da ormai una decina d’anni. Certo, con un altro budget, ma senza mai riuscire a risalire. Nonostante ci abbiano provato fior di allenatori. In ultimo Christian Titz, che è passato dalla Bundesliga alla quarta serie nel giro di pochi mesi per accettare la sfida. Invano. Vicino, ma mai vicinissimo. O almeno mai come quest’anno, con Christian Neidhart (ex Meppen): fuga solitaria con la seconda squadra del Borussia Dortmund, testa a testa che andrà avanti probabilmente fino alla fine. Con l’unico obiettivo tornare in terza serie dopo 12 anni di assenza. E magari poi direttamente in Zweite. Manca dalla categoria dal 2007. Quando ci è tornata, occasionalmente, spesso è stata retrocessa d’ufficio per ragioni economiche. La licenza costava troppo.
Nel 1994, peraltro, nonostante la retrocessione dalla Zweite alla terza serie, riuscirono ad arrivare in finale di Pokal, perdendo poi 3-1 contro il Werder. Sulla panchina del Brema c’era Otto Rehhagel, un grande ex, che al Rot-Weiss ci era passato da giocatore – e non è comunque il più grande mai passato da Essen.
La leggenda per definizione è Helmut Rahn, uno degli eroi della Germania campione del mondo del 1954. Con il goal decisivo in finale. Ad Essen dal 1951 al 1959, nel 1958 si è classificato secondo nella classifica del Pallone d’Oro. Dietro soltanto a Raymond Kopa. Attaccante di professione, ad Essen ci è nato ed è tuttora tumulato nel cimitero della città del Rot-Weiss, il club della sua vita. La sua storia vive nella statua esposta fuori dallo stadio. Ed è anche il nonno materno dei Boateng. Anche altri come Willi Lippens, Horst Hrubesch, Frank Mill, Jürgen Wegmann e anche Mesut Özil (a livello giovanile) hanno vestito il rosso-bianco.
In realtà c’è un altro campionissimo la cui vita è legata al Rot-Weiss Essen, uno dei più grandi di sempre nella storia del calcio: nientemeno che Pelè. Che una volta ha giocato allo Stadio di Essen nel 1963 in un’amichevole tra Schalke e Santos, ma non è mai andato oltre e non ha legami diretti con il club. Eppure nel 2005 il vecchio presidente lo ha eletto socio onorario.
Oggi di campioni l’Essen non ne ha. Anzi. Soltanto due giocatori hanno un discreto passato di Bundesliga: il portiere Daniel Davari – che era il titolare del Braunschweig nella stagione 2013/14 – e il mediano Dennis Grote – che ha un passato nel Bochum. Per il resto, tanti specialisti della categoria che hanno l’obiettivo di portare il club in alto. Una società ambiziosa, con uno stadio moderno da oltre 20mila posti che nel 2012 ha sostituito l’impianto storico nel quale, per l’appunto, hanno giocato Rahn e Pelé.
In molti non l’hanno presa bene, ma l’ambizione della società aveva bisogno di essere manifestata. Per la verità sono sempre stati avanti: anche negli anni ’50 il loro stadio era all’avanguardia. Oggi, da otto anni sono pronti per tornare nei professionisti, ma non ce l’hanno ancora fatta. In città tutti lo aspettano, anche perché non c’è molto altro – se non una storica miniera che comunque vale assolutamente la pena visitare. D’altro canto, come sostengono i dirigenti in primi, il Rot-Weiss Essen non è un club come tutti gli altri. Ma non ditelo al Leverkusen…